Alice in Wonderland, infatti, pur ispirandosi al romanzo di
Lewis Carroll e al film uscito nel ‘51, è in realtà un prodotto differente e a sé stante, in cui il gusto goticheggiante del regista sposa perfettamente le atmosfere e il mondo fantastico frutto della penna dello scrittore inglese. Le ambientazioni oniriche e dolci del cartone animato spariscono per fare spazio ad ambientazioni pur sempre fiabesco, ma più adulte e romantiche. Se nel film del ’51 le avventure di Alice consistevano in un’esplorazione assurda e labirintica di un mondo fantastico e capovolto nelle sue regole, nella pellicola di
Tim Burton la trama si avvicina più a quella di un fantasy, in cui tocca proprio all’eroina protagonista sfidare la temibile
Regina Rossa. Nella realizzazione della trama il regista attinge, quindi, ad entrambi i romanzi di Carroll:
Alice nel Paese delle meraviglie e
Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò. Il risultato è una storia in cui ritroviamo tutti i principali personaggi del cartone, dallo
Stregatto al
Brucaliffo. Con questi ultimi, tuttavia, la protagonista interagisce in maniera nuova e diversa. Chi ha amato la pellicola d’animazione potrà allora storcere il naso di fronte a un film che nasce con uno spirito diverso, ma che al tempo stesso non tradisce l’anima fantastica e, per così dire, “matta” dei romanzi di Carroll. Quest’anima si riflette, innanzitutto, nell’estrema cura dedicata a una scenografia degna di Oscar, un vero piacere per l’occhio dello spettatore. In secondo luogo nella realizzazione dei costumi, ulteriore fiore all’occhiello della pellicola. A coronare il tutto una sceneggiatura impeccabile, mai esagerata e ironica al punto giusto, accompagnata da un’ottima prova di recitazione da parte dell’intero cast. Fra tutti spiccano, in particolare,
Johnny Depp, che riesce a portare sullo schermo un
Cappellaio Matto tanto dolce quanto temerario, conferendo al personaggio una profondità del tutto assente nel cartone animato, ed
Elena Boham Carter, una
Regina Rossa dalle mille sfumature, fragile e perfida al tempo stesso. Unica piccola pecca, forse, il 3D, qualitativamente non sempre all’altezza. Quest’ultimo resta, tuttavia, un elemento del tutto marginale in una pellicola in cui il genio di Tim Burton è riuscito a trovare, forse, la sua migliore espressione di sempre.
di Cristina Columpsi