Nozze combinate, aborto, onore familiare, integrazioni e integralismi nella chirurgia poco empatica del belga ex giornalista Streker, in Selezione Ufficiale alla Festa del Cinema di Roma
Una comunità avvinta da un pregiudizio invisibile sotto la coltre di occidentalizzazione. Vita di periferia rispettabile quanto rabbiosa nel nitore indifferente dell’habitat borghese belga. Tende rosse alle finestre, cene vibranti, sorrisi affabili, pistole nel cassetto, chat virtuali, affetti negati. Respira densamente di contrasti e della inesorabile prevedibilità della vicenda il film Noces scritto e diretto da Stephan Streker, emotivamente anestetizzato ed iconicamente aspro, brutale quanto la cannula da qui fluisce via il feto di Zahira.
Zahira, pakistana di “seconda generazione” in terra belga, è una fresca diciottenne cresciuta in un’apparente libertà di costumi nel suo quartiere composto, pulito e interraziale, ha le sue amiche e i suoi fidanzati. Quando resta incinta la sua famiglia la sostiene/costringe ad un aborto che inizialmente la ragazza vuole evitare. Ma il nucleo del racconto si sposta dal pretesto dell’aborto, al matrimonio combinato e a distanza, con perfetti estranei (s)visti attraverso Skype, che diviene molla per la rottura definitiva anche se non abissale con la famiglia, avvolta da una colte di incomunicabilità nel rispetto di tradizioni che appartengono solo in parte alla identità ancora in evoluzione di Zahira. La madre iper religiosa e inamovibile, il padre affettuoso ma terrorizzato dall’ostracismo da parte della società pakistana, il fratello compagno di vita ma prono alle necessità difensive della famiglia, alle quali si è già piegata la figlia maggiore. Intanto le istituzioni, ospedale, scuola, servizi sociali, mostrano le lacune di un melting pot abborracciato che non offre strumenti alla comprensione, allo scambio e al supporto trans-culturale.
Zahira è quindi condannata sin dalle primissime scene, in primissimo piano, ad un tragico breve viaggio intorno ad un destino scritto sin dalla sua nascita e tracciato da Streker con volontà analitica, ma perdendosi tra svelamento della confusione identitaria della giovane donna e più ampio ritratto sociale, piccole esili sottotrame e desiderio di denuncia e divulgazione dei fallimenti della cosiddetta integrazione.
CAST
Scritto e diretto da Stephan Streker
Con Lina El Arabi, Sébastien Houbani, Babak Karimi, Nina Kulkarni, Olivier Gourmet, Alice de Lencquesaing, Zacharie Chasseriaud, Aurora Marion, Rania Mellouli, Harmandeep Palminder
Fotografia di Grimm Vandekerckhove
Montaggio di Jerome Guiot, Mathilde Muyard
Prodotto da Daylight Films, Formosa Productions (co-production), Tarantula (co-production), Minds Meet (co-production), Bodhicitta Works (co-production)
Belgio 2016
Durata 98’