La distopia iper realistica della storia vera di Edward Snowden e del nostro mondo ipercontrollato
Che cosa succede quanto comprendi chi spiavi? Stavi spiando te stesso… Tutto è “Grande Fratello” per proteggere l’idea e il (suo) potere, prima che le anime che lo nutrono. To serve, to protect, to preserve. Gli slogan della libertà by the american way, strategia difensiva terroristica conservatrice. Spiare tutti per alimentare i mercati inscenando false costose sanguinose ma proficue nuove (vecchissime) crociate, guerre stantie per sabbia, petrolio e alta finanza. In un cosmo fittizio, fatto di frequenze, obiettivi, telecamere, cimici, specchi, illusioni. Dove l’identità individuale è labile quanto quella nazionale è stentorea e vuota, dove violare le coscienze è facile, confuse, assopite, assoggettate, massificate dalla Rete. Numeri prima che pedine.
Siamo tutti “classified”, secretati, ma non segreti per il “sistema” non troppo orwelliano anzi pur-troppo normalizzato in cui ci autoriproduciamo, più simile a macchine robotica che umane. Una lezione di autocoscienza, tra missione etica informativa e biopic esemplare, retorico ma consapevole. Snowden, il ritorno di Oliver Stone, nella Selezione Ufficiale della Festa del Cinema di Roma 2016.
Basato sui due libri The Snowden Files di Luke Harding e Time of the Octopus di Anatoly Kucherena e sulle inchieste dei giornalisti coinvolti, Snowden – tra W e il precedente biblico JFK – narra la cronaca più recente, già oblitera, lo scandalo della violazione delle informazioni private dei cittadini americani da parte dell’intelligence, che ha travolto nel 2013/2014 il mandato Obama. Stone documenta didascalico minuzioso didattico. Persino autobiografico. Edward “Biancaneve” Snowden, ex genio dell’intelligence americana, tradito nel suo fiabesco mito di un’America e di un Occidente costruiti e mossi da una banda di sette nani saggi e integerrimi, scopre la truffa che cementa il kafkiano castello di progresso democratico in cui è cresciuto diventando esperto informatico per la Difesa e super spia informatica per le agenzie governative americane, prigione virtuale eppure materiale, inscalfibile, di stereotipi e sotterfugi di una democrazia criminale. Snowden comprende che il complesso miliardario sistema millantato come necessario a prevenire e insieme attaccare la minaccia terroristica dall’Est (dalla progenie del fantomatico Bin Laden fino alla Russia e alla Cina) è in realtà un enorme occhio/orecchio sui più infinitesimali sfruttabili ricattabili dettagli dell’esistenza di ogni singolo individuo americano e non solo. Decide allora, lacerato e stanco, di denunciare tutto, dopo aver vissuto nella sua estemporanea giovanissima ascesa al “potere” un’evoluzione radicale del proprio intero schema di pensiero. Come il pubblico Snowden si avvede dato dopo dato della fallace mendace realtà che lo avviluppa, tra depressioni personali e depressioni storiche, in mezzo al triplo gioco della Cia, la violazione dei più basilari diritti, il furto di privacy e d’identità, la manipolazione delle informazioni. Quest’ultima è il movente e il perno dell’opera di Stone, tornato con una de-autorializzata linearità, a raccontare la verità alternativa e ignorata, processata poi cancellata. Con un montaggio serrato e nitido e una matematica, certo simbolica stratificazione delle forme di “visione” come punti di vista (schermi, microschermi, webcam, telecamere e altri buchi della serratura), Stone dà alla luce un figlio orfano che non ha paura di scavare nelle viscere della sua sacra famiglia (prodotto in Germania perché prevedibilmente rifiutato dalla madre patria qui poco glorificata), che non accusa ma denuncia, spiega, interroga con puntualità strategica, coerenza ritmica, composizione asettica. Per stimolare senza enfasi quella coscienza critica che sappia e voglia davvero conservare, proteggere, difendere la libertà.
CAST
Regia di Oliver Stone
Sceneggiatura di Oliver Stone e Kieran Fitzgerald
Con: Joseph Gordon-Levitt, Shailene Woodley, Melissa Leo, Zachary Quinto, Tom Wilkinson, Scott Eastwood, Rhys Ifans, Logan Marshall-Green, Nicolas Cage, Timothy Olyphant, Joely Richardson, Ben Schnetzer
Montaggio: Alex Marquez
Fotografia: Anthony Dod Mantle
Musica: Craig Armstrong
Scenografia: Mark Tildesley
USA, Germania – 2016
Durata 134’