In Italia per la promozione del suo nuovo romanzo “Il ragazzo con gli occhi blu”, Joanne Harris ha concesso ad Eclipse la sua terza intervista.
Ci sono diverse possibilità di risposta, a mio avviso, ma sostanzialmente penso di risponderle per via generale e per via particolare, ossia quella che tocca il mio personaggio. Il mio personaggio ha come differenza solo l’aspetto fisico. Infatti ha subito una sorta di arresto dello sviluppo interiore e della sua personalità tanto che continua ad avere significative analogie con un liceale. Il problema si è manifestato perché ha avuto un’infanzia molto problematica, e la presenza di una madre così asfissiante è stato determinante per questo suo approccio alla vita quasi dissociato dal suo corpo e dall’incedere degli anni. Al giorno d’oggi, invece, i bambini tendono a crescere molto rapidamente, si trovano a contatto con problemi più grandi di loro e con una famiglia che difficilmente li aiuta a d affrontare la realtà… e per questo motivo si trovano spesso e volentieri ad agire in fretta e a sviluppare una personalità alla quale forse non sono pronti. Il mio personaggio, invece, ha subito diversi fattori problematici e questo ha creato una personalità per certi versi paradossale.
Ha colto nel segno: l’analogia è assolutamente diretta tra queste due forme narrative. Infatti il mio romanzo è un elemento di passaggio epocale, se vogliamo dire, tra il romanzo epistolare classico e una nuova forma di espressione dettata dai tempi che cambiano con l’avvento di internet. Il mio romanzo permette di avere una narrazione in prima persona e una sorta di dialogo intimo con il lettore, inoltre con i “post” ho potuto aggiungere la musica che il mio personaggio ascolta, gli stati d’animo, la decisione di “postare” un argomento con accesso pubblico o solo per pochi utenti selezionati, con il presupposto che quelli privati siano più autentici rispetto agli altri. In effetti lo stesso B.B. (BlueEyedBoy, il personaggio principale del romanzo, n.d.r.) utilizza due modi di scrivere se lo leggono tutti o solo pochi intimi. Inoltre è da sottolineare come sia importante il dialogo tra lettore e scrittore, che io ho ampiamente sfruttato ai fini della narrazione completa, fornendo elementi importanti per lo svolgimento degli eventi.
Non penso che il mondo della letteratura sia stato colpito in qualche modo. Il modo di scrivere spesso si uniforma ai tempi, ma non credo ci sia relazione diretta con l’avvento di nuove forme di comunicazione più immediate. Il modo di scrivere lo trovo a sé… che determina un autore, e lo fa scegliere rispetto ad un altro proprio grazie alla sua fantasia e alla sua capacità di scrivere in una certa maniera. Il nuovo modo di comunicare, invece, lo trovo come un nuovo mezzo, una nuova possibilità che però non cambia in sostanza nulla, bensì accresce nuovi orizzonti. Il fatto poi che chi risponde alle email non scrive nello stesso modo in cui lo farebbe se rispondesse ad una lettera su carta sottolinea che ci sia una differenza, forse una minore cura stilistica. Uno scrittore, invece, da sempre scrive storie, e queste ultime sono comparse su massmedia diversi, senza cambiare la qualità. Perciò sono convinta che l’impatto sulla storia non sia dettato dai mezzi di comunicazione diversi, bensì sono quest’ultimi che sono nuovi veicoli per giungere al lettore.
È evidente che B.B. Vive in una famiglia disastrata. Al momento in cui scrive sono morti entrambi i suoi fratelli e lui è rimasto a vivere con la madre, in rapporto conflittuale e sottomesso. Lui si vede prigioniero, e pensa che potrà essere felice solo quando avverrà un distacco definitivo con questa figura di madre che lo ossessiona fin da piccolo. Una madre particolare, dalla quale sembra essere impossibile sfuggire. Sono questi gli equilibri familiari che in quel momento ha… tuttavia sono anche basilari le situazioni vissute precedentemente alla narrazione degli eventi… ogni tanto si può intuirne l’eco man mano che il romanzo si svolge.
Direi che dipende dalla persona, dal tempo in cui si vive e anche dalla fortuna. Un animo sensibile potrebbe essere un dono prezioso, ma c’è sempre la realtà del vissuto di ogni persona, l’empatia, la capacità di vivere la sensibilità in modo costruttivo o di subirla anche fisicamente… e tutto può trasformarsi in un incubo. Per quanto riguarda Blue Eyed Boy è una maledizione che lo porta ad essere incapace di relazionarsi, a vivere un’impossibilità di relazione con il prossimo, cosa che in realtà vorrebbe. Perciò si trova a nascondersi dietro ostacoli che lui stesso crea… ad esempio la sua personalità “online”che è davvero differente da quella sua intima; ascoltare tanta musica ad alto volume per evitare di pensare; abbandonarsi totalmente alla fantasia, anche quella “malata”… tanti mezzi di evasione dalla realtà e sopratutto dalla persona che lui è.
Trovo sempre difficile dare definizioni a ciò che scrivo. Da una parte potrebbe essere riduttivo, dall’altra potrebbe dare indicazioni troppo vincolanti… Ad ogni modo il mio romanzo ha evidenti caratteristiche che possono essere riassunte come ha detto lei, ma esce dagli schemi di genere.
Le rispondo in maniera diretta e sincera: mi annoierei a scrivere sempre cose simili o di genere… per questo spazio in campi che reputo interessanti e che fan parte delle tante sfaccettature dei miei interessi e della mia personalità.
È possibile ed interessante questo punto di vista. Diciamo che nella mia carriera ho cercato di esplorare tutto lo spettro sensoriale. Ho scritto diversi libri che riguardano il gusto e cosa evoca nella nostra memoria, altri che riguardano i sapori e gli odori che rimandano a ricordi familiari e sostanzialmente alla nostalgia del passato e come questo può influire sullo sviluppo di una persona, mentre in quest’ultimo libro ho tentato di spiegare la fusione di tutti i sensi, in particolar modo come i sensi possano cosistese assieme, perciò ho parlato di sinestesia. Altra particolarità che ho voluto sottolineare è come la necessità di un altro senso possa scaturire dall’esperienza di un solo senso… in pratica una dipendenza diretta di tutti i cinque sensi l’uno dall’altro… ebbene sì, sto davvero diventando molto complicata man mano che vado avanti nel tempo. Seguendo il suo discorso posso affermare che ora sono alla ricerca di sfumature di colore, o di definizione di colori che sono insieme di più colori.
Ho qualche difficoltà a fare un discorso generico, mentre sono molto convinta di quello che provo io. Ad esempio se vivessi distaccata dalla realtà di ogni giorno, diventerei pazza o alienata, visto che per scrivere faccio i conti ogni giorno con la mia fantasia. Sicuramente ho delle mie realtà coesistenti dalle quali attingo per raccontare le mie storie, però vivo a tutti gli effetti nella realtà vera. Come scrittrice ho la capacità di prendere qualche elemento reale e tradurlo in “fiction”, producendo un’esperienza fantastica ma che ha attinenza nel reale. Se uno scrittore vive esclusivamente nel suo mondo di fantasia, rischia la malattia mentale… o forse ne è già vittima inconsapevole.
Io penso che sia culturalmente noioso tutto ciò che possiamo inserire nel concetto di “ovvio”. All’ovvio assocerei anche tutto ciò che è incapace di suscitare interrogativi, anche se non sono i famosi “massimi sistemi”. La cosa noiosa per eccellenza sono, ad esempio, i reality che assolutamente non sono realtà né fiction. Altra cosa che trovo noiosa è la realtà eccessivamente semplificata, oppure le categorie stereotipate delle persone e la facilità con le quali si categorizzano gli animi delle persone.
Io non parlerei di libertà fasulla o finta, o illusione di libertà, poiché per certi versi è sempre libertà anche quella di poter fingere. Si tratta comunque di una libertà che il genere umano ha sempre avuto… in un certo senso da quando l’uomo pensa ha effettivamente iniziato a fingere. Internet ha dato loro modo di vivere, di esperire ciò che loro “costruiscono” perciò anche la loro finzione, o se si preferisce, la loro fantasia, la possibilità di credere e far credere che tutto ciò possa essere realmente vero. Ma per fortuna non tutti sono così, né tantomeno sono come B.B.. Spesso capita di trovare persone estremamente vere, che non necessitano di dar vita ad un alterego né di proporsi per ciò che non sono, perché utilizzano internet come estensione di sé, e non invenzione di altro. Ma internet è anche importante, se consideriamo il punto di vista di B.B., per insataurare in larga scala un gioco di ruoli a lui funzionale, anche per vivere… e tutto ciò, se ci pensiamo, non è altro che la riproposta di qualcosa che abbiamo sempre fatto, ma solo in larga scala… pensate ai bambini che giocano ai cowboy e indiani.. i genitori non si preoccupano perché sanno che si tratta di una finzione, di un gioco che li diverte. Internet è una piattaforma che ti dà ampia possibilità di mettere in atto questo gioco di ruoli… il vero problema, se vogliamo sociale, è che ci sono persone che tendono a confondere questo gioco e incominciano a credere d’essere ciò che sono stati in grado di creare come personaggio…. e questo è un grande errore che può portare anche a risvolti spiacevoli o nel peggiore dei casi tragici.
Il gioco di B.B. è quello di essere molto bravo nel confondere il prossimo. Racconta di essere un personaggio ma scrive come fosse una persona reale e racconta storie estremamente verosimili… il risultato è quello d’infondere spaesamento: è reale quello che dice? È un bravo ragazzo? Un cinico? Un assassino? È questo il gioco sottile che sta alla base della suo modo di raccontare le cose.
Il mondo di internet, invece è molto diverso dalla fantasia in sé, tramite di esso si può convincere e indurre qualcuno a fare qualcosa che può essere una propria fantasia, e si ha un mezzo diretto e potente per convincere il prossimo.
In effetti è una domanda classica… alla quale ho sempre difficoltà a rispondere perché implica una progettualità che per scaramanzia non voglio mai avere troppo definita nei tempi, perchè ho sempre timore di non rispettarli. Ad ogni modo posso anticipare che scriverò sicuramente una nuova storia di Vianne e Anouk, che dopo Chocolat e Le scarpette rosse hanno sicuramente ancora molto da dire. Inoltre ho scritto il seguito di Le parole segrete, ma non sono ancora certa di quando verrà pubblicato, se quest’anno o il prossimo.
Ringraziamo molto Joanne Harris per la sua disponibilità all’intervista, come sempre resa possibile da Francesca Rodella, responsabile dell’ufficio stampa della casa editrice Garzanti.
di Svevo Ruggeri
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