Ogni brava massaia napoletana si ritiene detentrice dell’autentica ricetta della Pastiera, antico e squisito dolce della tradizione pasquale che, sia pure in forma rudimentale, pare accompagnasse le feste pagane che celebravano il ritorno della primavera già ai tempi dei Romani, quando le sacerdotesse di Cerere portavano in processione l’uovo, simbolo di vita nascente. Quanto agli altri ingredienti, il grano o il farro, misti alla crema di ricotta, potrebbero derivare dal pane di farro delle nozze romane. Un’altra ipotesi ne fa risalire l’origine alle focacce rituali che si diffusero all’epoca di Costantino il Grande, derivate dall’offerta di latte e miele, che i catecumeni ricevevano nella sacra notte di Pasqua al termine della cerimonia battesimale.
Nell’attuale versione, la Pastiera fu inventata probabilmente nella pace segreta di un monastero napoletano. Un’ignota suora volle che quel dolce, simbologia della Resurrezione, profumasse dei fiori dell’arancio del giardino conventuale. Alla bianca ricotta mescolò una manciata di grano, che, sepolto nella bruna terra, germoglia e risorge splendente come oro. Aggiunse poi le uova, simbolo di nuova vita, l’acqua di mille fiori odorosa come la primavera, il cedro e le spezie aromatiche venute dall’Asia.
È certo comunque che le suore dell’antichissimo convento di San Gregorio Armeno fossero reputate maestre nella complessa manipolazione della pastiera, e nel periodo pasquale ne confezionavano in gran numero per le mense delle dimore patrizie e della ricca borghesia.
Fra le leggende legate a questa squisitezza per il palato, si racconta che Maria Teresa D’Austria, consorte del re Ferdinando II di Borbone, soprannominata dai soldati “la Regina che non sorride mai“, cedendo alle insistenze del marito buontempone, famoso per la sua ghiottoneria, accondiscese ad assaggiare una fetta di pastiera, non potendo poi fare a meno di sorridere, compiaciuta alla bonaria canzonatura del Re che sottolineava la sua evidente soddisfazione nel gustare la specialità napoletana. “Per far sorridere mia moglie ci voleva la Pastiera, ora dovrò aspettare la prossima Pasqua per vederla sorridere di nuovo” si dice abbia esclamato il Re a quel punto.
Ancora più leggendaria e mitologica è a storia della sirena Partenope che, incantata dalla bellezza del golfo, disteso tra Posillipo ed il Vesuvio, avesse fissato lì la sua dimora. Ogni primavera la bella sirena emergeva dalle acque per salutare le genti felici che popolavano il golfo, allietandole con canti d’amore e di gioia. Una volta la sua voce fu così melodiosa e soave che tutti gli abitanti ne rimasero affascinati e rapiti: accorsero verso il mare commossi dalla dolcezza del canto e delle parole d’amore che la sirena aveva loro dedicato. Per ringraziarla di un così grande diletto, decisero di offrirle quanto di più prezioso avevano… Sette fra le più belle fanciulle dei villaggi furono incaricate di consegnare i doni alla bella Partenope: la farina, forza e ricchezza della campagna; la ricotta, omaggio di pastori e pecorelle; le uova, simbolo della vita che sempre si rinnova; il grano tenero, bollito nel latte, a prova dei due regni della natura; l’acqua di fiori d’arancio, perché anche i profumi della terra solevano rendere omaggio; le spezie, in rappresentanza dei popoli più lontani del mondo; infine lo zucchero, per esprimere l’ineffabile dolcezza profusa dal canto di Partenope in cielo, in terra, ed in tutto l’universo. La sirena, felice per i tanti doni, si inabissò per fare ritorno alla sua dimora cristallina e depose le offerte preziose ai piedi degli dei. Questi, inebriati anche essi dal soavissimo canto, riunirono e mescolarono con arti divine tutti gli ingredienti, trasformandoli nella prima Pastiera che superava in dolcezza il canto della stessa sirena.
Le storie legate al dolce sono tante, ma le versioni della ricetta le superano. Di seguito ve ne proponiamo una: buon appetito e buona Pasqua!
Ingredienti (12 persone):
Preparazione:
Dopo aver scongelato la pasta frolla a temperatura ambiente, versate in una casseruola il grano cotto, il latte, il burro e la scorza grattugiata di 1 limone; lasciate cuocere per 10 minuti mescolando spesso finché non diventa crema.
A questo punto frullate a parte la ricotta, lo zucchero, 5 uova intere più 2 tuorli, una bustina di vaniglia, un cucchiaio di acqua di fiori d’arancio, e, volendo, un pizzico di cannella.
Lavorare il tutto fino a rendere l’impasto molto sottile. Aggiungete una grattata di buccia di un limone e i canditi tagliati a dadi e amalgamate il tutto con il grano.
Prendete la pasta frolla scongelata (o quella fatta da voi) e distendete l’impasto per uno spessore di circa mezzo centimetro con il mattarello e rivestite la teglia (c.a. 30 cm.)