
La
Columbia University di New York ha ultimato uno studio, i cui risultati sono stati pubblicati su
Archives of Neurology, sugli alimenti in grado di prevenire il morbo di Alzheimer.
Da quali alimenti possiamo trarre aiuto per il cervello e la memoria?
Noci, pomodori, broccoli, pesce e carne bianca. Il merito pare essere di alcune sostanze, presenti nei sopracitati alimenti, aventi proprietà preventive: le
vitamine B9,
B12,
E, l’acido grasso
omega 3 e
6. È stata altresì stilata una lista degli alimenti con i quali sarebbe meglio non esagerare, perché favorirebbero l’insorgere del morbo. Tra questi la carne rossa e i latticini, che contengono grassi saturi pericolosi per l’organismo.
La ricerca della
Columbia University si è svolta per più di quattro anni su pazienti sessantacinquenni. Gli oltre duemila pazienti hanno risposto a un questionario sulla loro dieta e sulle loro abitudini alimentari e sono stati sottoposti, ogni 18 mesi, a delle visite mediche. Dal confronto incrociato dei dati raccolti sono emersi i risultati di questa importante ricerca. È stato riscontrato come i pazienti con una alimentazione equilibrata e sana (che consumano grassi d’origine vegetale, olio d’oliva, pesce, frutta, verdura e carne bianca) hanno un margine di rischio di sviluppare l’Alzheimer inferiore del 40 % rispetto a coloro i quali, invece, consumano regolarmente carni rosse e cibi grassi.
La noce, che compare nella lista degli alimenti consigliati, ha inoltre diverse proprietà benefiche per l’organismo. È ricca di vitamina B e di sali minerali e apporta molteplici benefici cardiaci. Le noci contengono sostanze dagli effetti cardio-protettivi e prevengono l’insorgere di cardiopatie coronariche. Le noci, inoltre, grazie al loro indice glicemico molto basso, sono raccomandate da molti dietologi e nutrizionisti nelle diete prescritte a pazienti affetti da deficienze di insulina, come ad esempio il diabete. Pare, infine, che le noci aiutino a vivere più a lungo e che le persone che consumano noci regolarmente nella loro alimentazione vivano un paio d’anni in più rispetto a quelle che non ne mangiano.
di Silvestro Capurso