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Rimangono pochi giorni al Processo a Furtwangler

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Rimangono pochi giorni al Processo a Furtwangler

FurtwanglerFino al 14 marzo al teatro Vascello è ancora possibile assistere alla messa in scena del testo di Ronald Harwood

Taking sides, questo è il titolo originale del testo di Ronald Harwood reso famoso dal film “A torto o a ragione” con la regia di István Szabó e con il bravissimo Harvey Keithel, mentre a teatro Harold Pinter ne ha portato il successo.

Taking sides, prendere posizione. È questo che il Maggiore Steve Arnold chiede agli inquisiti. Prendere posizione, opporsi o sostenere, Bene o Male, non sono ammesse sfumature.
Siamo nella Germania del 1946: a Berlino sono in corso gli interrogatori preliminari per i processi di denazificazione. Il Maggiore Arnold sta indagando sul Maestro Wilhelm Furtwangler, direttore dell’orchestra Filarmonica di Berlino, uno dei più grandi artisti del suo tempo.
Mentre molti suoi colleghi sceglievano l’esilio per manifestare la loro opposizione al regime e per mostrarsi solidali con gli artisti ebrei per i quali l’espatrio era una costrizione, il Maestro è sempre rimasto in Germania, continuando ad esibirsi. Questa è la sua colpa, secondo il Maggiore Arnold, il quale ha già deciso che Furtwangler sta dalla parte dei cattivi, deve solo trovare le prove che lo inchiodino. Ma in definitiva il capo d’accusa è composto solo da piccoli frammenti, episodi dubbi, frasi ambigue, la cui interpretazione è assolutamente discrezionale.
L’artista si difende dalle accuse di filo-nazismo, spiegando di aver scelto di rimanere in quella Germania soffocata dal regime per svolgere il suo ruolo di custode della tradizione musicale tedesca, per mantenere vivo quello spazio di libertà che solo Wagner e Beethoven possono offrire a uomini rinchiusi in una realtà di oppressione. Professa esplicitamente la netta separazione tra arte e politica, mettendo in scena la questione secolare del ruolo dell’artista nelle dinamiche socio-politiche del suo Paese. Furtwangler sceglie di rinchiudersi nella torre d’avorio dei suoi ideali(non a caso, è proprio con il titolo “La torre d’avorio” che Einaudi ha pubblicato in Italia il testo di Harwood), da una parte estraniandosi dalla realtà politica tedesca, dall’altra ritagliandosi così uno spazio di opposizione intellettuale. 
Ma l’arrogante e ignorante Arnold non riesce a comprendere la posizione del Maestro, poiché non riesce collocarla nella sua visone manichea: chi non si è opposto apertamente e duramente, è complice.
Taking sides, pièce del 1995 di Ronald Harwood, dà vita a un conflitto dialettico che non giunge però alla sintesi. Molte sono le questione messe in scena, ma restano per lo più tutte irrisolte.
Il verdetto sul caso Furtwangler resta al di là del confine temporale dell’opera.
La questione primaria che pulsa dietro la valanga di parole che investe gli spettatori è: come deve comportarsi un artista nei confronti di un contesto politico malato? Cercare lo scontro frontale o continuare il suo lavoro senza relazionarsi con il potere, occupandosi solo di sollevare gli animi della gente dalla dolorosa contingenza?
Come avviene per il caso Furtwangler , molte prove possono essere addotte per sostenere una tesi, tante quante possono essere esibite per affermare il suo contrario.
La preoccupazione degli uomini del regime di assicurarsi il favore degli artisti  dimostrerebbe come  essi riconoscano il grande potere persuasivo dell’arte in campo politico (come dice il giovane Tenente Willis “solo i tiranni conoscono il potere dell’arte”), un potere che forse dovrebbe essere sfruttato dagli artisti stessi, per opporsi.
La messa in scena del testo di Ronald Harwood si avvale della regia di Manuela Kustermann, dell’interpretazione degli attori Alberto Di Stasio nel ruolo del Maestro d’orchestra Furtwängler, Giuseppe Antignati nel ruolo di un ufficiale americano della Berlino 1946 e con: Alberto Caramel, Gaia Benassi, Antonio Grosso, Giada Prandi e delle le scene di Marco Martucci.

di Manuela Tiberi

Svevo Ruggeri
Svevo Ruggeri
Direttore, Editore e Proprietario di Eclipse Magazine