Al teatro Brancaccio, a grande richiesta
Ore 21. Via Merulana fa un salto indietro nel tempo e torna agli anni ’50. Dalla facciata del Brancaccio, illuminata di rosso vivo, le casse suonano “Ma le gambe” e dalle vetrine spuntano attori e attrici in tenuta burleqsue che salutano ammiccando al pubblico.
Così ha inizio lo spettacolo teatrale più sperimentale e interattivo in scena a Roma: “Dignità autonome di prostituzione”, regia di Luciano Melchionna.
Gli attori, oltre 30, si trasformano in prostituti che seducono e adescano gli spettatori/clienti per farli godere con le loro “pillole di piacere teatrale”.
Per poter consumare la “prestazione teatrale”, il pubblico deve pagare e contrattare con la moneta locale – il dollarino – che viene consegnata insieme al biglietto d’ingresso.
Queste le regole del gioco e lo spettatore deve lasciarsi coinvolgere.
Così questa casa chiusa dell’arte apre le sue stanze, le più nascoste, dai sottoscala ai camerini, dalle toilette agli uffici, dove gli attori recitano i loro monologhi, ispirati ai classici del teatro o frutto di testi contemporanei, per lo più scritti da Melchionna.
Le performance avvengono in contemporanea e gli spettatori passano da un attore all’altro, come una macchina non-stop: gli attori possono recitare il loro monologo fino a dieci volte a sera e più.
Il cast include anche ballerini, musicisti, artisti circensi, cantanti, mimi, che fino alla fine intrattengono il pubblico tra un monologo e l’altro.
Ma l’obiettivo del progetto è ben più ampio: trasformare l’operazione in una vera e propria Accademia, una “Casa Chiusa” permanente per attori e artisti vari.
La visione intima potenzia sorprendentemente quel misto di eccitazione e turbamento suscitato da una recitazione molto intensa.
Un teatro che non è auto-celebrativo, ermetico o fine a se stesso ma prima di tutto emozione.
L’esperimento funziona soprattutto nella prima metà perché riesce nell’intendo di ridare “dignità autonoma” al lavoro dell’attore.
Nella seconda parte, quella più corale, lo spettacolo perde la bussola: il “bordello teatrale” dà sfogo ad esibizioni artistiche disparate che sfociano sul finale in una “balera” in cui attori e spettatori si concedono alle danze.
Una sperimentazione che sorprende in un modo o nell’altro e che è non è mai uguale a se stessa.
di Valeria Fornarelli