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David Bowie: The Next Day

David Bowie - The Next Day (Cover)Quando una decade vale l’attesa

All’inizio del nuovo millennio, qualcosa nel mondo della musica è cambiato per sempre: l’era digitale ha reso il mercato spietato, tanti ascoltatori (troppi) non sentono più il bisogno di una colonna sonora che li accompagni, ma di un ritmo che li aiuti stare al passo con un mondo troppo veloce. Di qui la ripetitività: suoni reiterati, melodie inflazionate, cadenze ossessive. Per questo della musica, oggi, c’è sempre meno da dire. La giustificazione: “Le note sono sette.” Sono sette, sì, ma solo per certi artisti(?). Non di certo per David Bowie che, a 66 anni, pubblica uno dei migliori album della sua carriera. Un titolo significativo, The Next Day, “il giorno dopo”; un giorno che per Bowie è arrivato dopo dieci anni, perché tanti ne sono passati dall’uscita di Reality (2003). L’immagine di copertina parla ancor prima della musica: il ritratto è quello di Heroes (1977) a cui è stata rimossa la parte centrale. In alto a destra il vecchio titolo è cancellato da un tratto di pennarello, nel quadrato centrale, bianco, campeggia il nuovo. Chi vuole capire capisca: è un disco che guarda al passato, con malinconia e tenerezza, ma è un passato che non c’è più e diventa bagaglio da portare con sé, per vivere pienamente la maturità. Un concetto che sentiamo bene nel singolo del ritorno, Where Are We Now?, una delle poche ballad dell’album in cui Bowie racconta la nostalgia per la Berlino della sua giovinezza, così diversa da quella che oggi appare ai suoi e ai nostri occhi. Ma questa e le altre, You Feel So Lonely You Could Die e Heat, sono solo parentesi. Il Duca Bianco non si piange addosso, anzi. A chi lo dava per ‘pensionato e malaticcio’ risponde con The Next Day, che più che una canzone è uno schiaffo in faccia: “Here I am, not quite dying” (Sono qui, non abbastanza moribondo) canta. L’energia è la stessa a cui ci ha abituati alla fine degli anni Settanta, con la musica che scaturì dal sodalizio con Tony Visconti, suo produttore anche oggi. Stupefacente il trattamento delle chitarre: senza freni in You Will Set The World On Fire, vigorose in Boss Of Me,misurate nella splendida Valentine’s Day, già un moderno evergreen. Spiccano l’atmosfera cupa di Love Is Lost, in cui Bowie guarda alla sua sfortunata giovinezza, a un passato romantico che si tinge di venature dark; e lo scintillio di The Stars (Are Out Tonight)in cui l’eloquenza è affidata all’immagine più semplice:quella di due amanti che guardano il cielo. Melodie comunicative, liriche che sono poesia vera, un album in cui è impossibile scegliere il brano migliore perché ognuno, a suo modo, lo è. Qualunque ulteriore commento su The Next Day è superfluo: di un’opera d’arte si può solo ammirarne la bellezza. In silenzio.

di Lucia Gerbino

– video:

David Bowie – The Stars (Are Out Tonight)

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