Ma è anche una città cupa e impaurita: la metà oscura, che in pochi conoscono. Se non fosse che
Gianni Simoni, di professione magistrato, ora in pensione, è nato e cresciuto qui. E questi luoghi gli sono familiari come nessun altro. Al punto da farne lo scenario ideale per ogni suo nuovo romanzo. Era già accaduto con “
Un mattino d’ottobre” (Foschi Editore, 2008), dove Brescia riecheggiava fedele, pur non essendo mai nominata. Ma in “
Commissario domani ucciderò Labruna” (Tea Edizioni, 2010), una dichiarazione d’amore esplicita sancisce il definitivo sodalizio tra l’autore e la città. Che ormai non è più soltanto uno sfondo, ma una riuscita metafora della condizione umana. Poteva essere Roma, Torino, Padova, o Napoli. Sarebbe stato lo stesso. Quel che Brescia rappresenta è un sogno che si realizza, un’utopia che si avvera. Malgrado tutto. Malgrado ci sia un serial killer che gira libero e armato, e di cui nessuno conosce il nome, né il volto. Malgrado il commissario Miceli, a cui sono affidate le indagini, sia un uomo solo e piegato dalla vita. Malgrado il numero di investigatori sia esiguo rispetto alla capillare diffusione della disonestà. Il marcio è dappertutto, e si fa fatica a scovarlo. Si esita a lungo prima di distinguere il vero dal falso. E quando capita, sembra sia per puro caso. Perché anche l’intuizione aiuta, lo sa bene il giudice Petri, e il lavoro allora si moltiplica. C’è da convincere gli altri, quelli che stanno seduti a riempire scartoffie, e che stentano a credere a una verità che si costruisce pezzo dopo pezzo, a colpi di imprevisti. Ed è nel momento esatto in cui si ha la soluzione in tasca, a portata di mano, che tutto, miseramente, crolla. Ecco, in quelle circostanze, bisogna avere la forza di ricominciare, daccapo. Ancora una volta.
Come in quelle favole, dove i cattivi hanno mille risorse, e i buoni arrancano dolorosamente, condannati a un’esistenza infame. Succede. Succede anche a Brescia. Dove gli operai si ritrovano a scippare le vecchiette all’ufficio postale, per pagare il mutuo a fine mese, mentre le mogli, rimaste sole, devono sbarcare il lunario a suon di sacrifici. Una malformazione italiana che inchioda ciascuno al proprio destino ingrato. E così i bambini, i deboli e gli emarginati ci rimettono sempre.
Ma questa volta no. Questa volta la giustizia farà il suo corso. Succede. A Brescia come altrove.
Gianni Simoni, ex magistrato prestato, con successo, alla letteratura, si è occupato a lungo di criminalità organizzata e terrorismo. Ha sostenuto l’accusa nel processo d’appello per l’omicidio Ambrosoli e ha condotto l’inchiesta giudiziaria sulla morte di Michele Sindona. Nel libro “Il caffè di Sindona” (Garzanti, 2009), scritto con Giuliano Turone, ricostruisce il caso del banchiere siciliano, al centro di una complicata trama d’intrighi.
Titolo: “Commissario domani ucciderò Labruna”
Autore: Gianni Simoni
Editore: Tea (Tascabili degli Editori Associati)
Anno: 2010
Genere: giallo
di Michela Carrara