by Scott Lund
Italian translation by Chiara Alivernini
Dopo secoli di speculazioni e di interpretazioni spesso errate, ecco che il sorprendente ‘enigma’ di Monna Lisa di Leonardo da Vinci è qui risolto per la prima volta. L’opera d’arte più famosa al mondo non è il ritratto di una donna mortale, bensì la rivelazione di una singola anima celeste divisa in due corpi terreni.
Monna Lisa è infatti un’anima ermafrodita (maschile-femminile), che rappresenta il mistero e il paradosso, se vogliamo, dell’inizio della Vita. Per realizzare questa sua geniale visione, Da Vinci unì l’eresia di un dio pagano con il mistero cristiano della Genesi umana. Egli espresse la sua concezione divina attraverso il simbolismo dualistico di Giano, detto Bifronte, il dio romano con due facce.
Ora, la “Monna Lisa” può essere vista più chiaramente se si passa attraverso i meccanismi interni della mente geniale di Da Vinci. Queste conclusioni si basano , dunque, sugli scritti dello stesso Da Vinci, un vero e proprio codice che è nascosto nel dipinto e le sue ovvie interpretazioni simboliche.
Una convinzione, specialmente, che incuriosì Da Vinci, fu ovviamente l’idea che una madre ed il suo nascituro possano condividere un’unica anima. Da Vinci ha scritto molto ed in modo esplicito sull’argomento ed i suoi tentativi di comprendere il mistero dell’anima condivisa, il che probabilmente era al centro delle sue autopsie esplorative dei feti e degli uteri.
Apparentemente, la sfida artistica che Da Vinci lanciò a se stesso non era quella di dipingere un corpo umano normale, ma, piuttosto, la meraviglia impressionante di un’anima celeste colta nel bel mezzo della sua vita, originante il sacro atto della divisione in due anime distinte. Utilizzando la dualità del dio Giano, come la sua ispirazione, Da Vinci ha sviluppato in modo unico un tema quanto mai adatto ed intelligente per dipingere due distinte entità corporea come un’ unica entità metafisica.
Decisamente più rivelatore, in tal senso, è l’anagramma che ho decifrato e che si verifica quando le lettere di MONA LISA sono anagrammate originando le due parole latine: ANIMA SOL, che si traduce letteralmente come “Soul/Sun dio”.
Sol era il dio pagano che poi divenne il Sol Invictus (Invincible Sun) dell’ imperatore cristiano Costantino. In realtà, il mito del dio Sole aveva un’origine intrigante. Sol si era evoluto infatti dal più arcaico dio Giano.
Romolo, il leggendario fondatore di Roma, ebbe fama di essere il primo a coltivare il culto di Giano e, successivamente, Giano fu considerato fra i primi in importanza, rispetto agli altri dèi. Come dio dei “nuovi inizi,” Giano aveva la funzione di rivestire i panni di sorvegliante, ruolo appropriato se si parla di inizio in quanto “inizio della vita” appunto, e per i Romani non è mai iniziato alcun lavoro senza che venisse invocato il suo nome.
Janus è stato spesso caratterizzato fisicamente come un uomo con la testa barbuta, costituita da due facce che guardano in direzioni opposte. Mentre da un lato, dunque, la duplice natura di Giano era chiara, le sue rappresentazioni virili smentirebbero la credenza che egli potesse essere un Dio che era per metà femminile. Questo lato femminile, tuttavia, ha trovato espressione attraverso la dea Jana, la sua meno conosciuta omonima.
Per questo, anche se apparentemente era un dio dalla natura maschile, Janus rappresentava un personaggio sessualmente ambiguo, che assomigliava probabilmente allo stesso Da Vinci, rappresentando così una metafora interessante, per l’autore stesso, da usare.
Considerando il suo significato associato, anagrammando “SOL ANIMA,” l’espressione può essere fedelmente interpretata come “l’anima di Giano.” Poiché l’anagramma definisce e sintetizza piuttosto chiaramente quella che era l’intenzione di Da Vinci, è evidente dunque che egli fu il primo a chiamare la sua pittura la “Mona Lisa,” e non (come molti credono) il suo biografo Vasari. Con il significato di “Giano” evidentemente nascosto all’interno del nome di “Mona Lisa,” da Vinci voleva infatti ingannare non solo gli occhi dei non iniziati, ma anche le loro orecchie.
Il significato simbolico della “Mona Lisa” fa più impressione se lo spettatore vede la pittura come un “composit”, la duplice unione di un ermafrodita con una sola anima. Il lato destro del dipinto rappresenta una donna incinta, mentre il lato sinistro del dipinto rappresenta un feto di sesso maschile. (se la figura è di fronte a chi la guarda, il suo lato destro è maschio e la sua sinistra, o lato sinistro, è decisamente femminile.)
La ragione per la quale il volto della “Mona Lisa” non ha le sopracciglia, e nemmeno le ciglia, è perché i peli facciali sono in boccio, come quelli dell’infante non ancora nato. Per lo stesso motivo, Da Vinci dipinse la struttura del viso in modo tale che non vi sia alcuna indicazione a che i denti possano esistere o meno, dietro il sorriso enigmatico.
Il modo in cui le mani sono raffigurate è anche più eloquente. La mano grassoccia di destra domina la mano sinistra, più debole, che coglie la fine del bracciolo. Ciò simboleggia chiaramente l’entità separata di un feto maschio robusto che guadagna in vitalità a scapito di una madre che soffre invece il dolore del parto.
Le acque tempestose della gravidanza sono rappresentate nel lago minaccioso che è raffigurato sullo sfondo, nella parte sinistra del dipinto. Dal lago si snoda una strada bordata da un bel color rosso-sangue, che simboleggia in modo evidente un cordone ombelicale.
Tutto intorno ci sono formazioni rocciose surreali, con sporgenze irregolari che sembrano non aver mai visto gli effetti erosivi del tempo e del passar del tempo. Da Vinci ha dipinto magistralmente questa parte del paesaggio, in un modo che descrive perfettamente la natura cruda del nascituro.
Al contrario, il lato destro del quadro – il lato che rappresenta la madre – è calmo e pastorale, con un ponte che fornisce un collegamento con la civiltà.
L’orizzonte, sul lato destro, è maggiore di quello sul lato sinistro, il che sta a significare la superiorità della madre. La sua superiorità si vede, d’altro canto, anche nel predominio del lato sinistro del viso. In quanto anima, presumibilmente non doveva indossare gioielli, così vediamo come la figura della “Mona Lisa” non porti nemmeno un anello – neanche un anello nuziale.
A da Vinci sono voluti anni per dipingere la “Monna Lisa”, perché ha usato una tecnica chiamata “sfumato accurato”, che ha necessitato l’applicazione di migliaia e migliaia di puntini di colore. Ciò ha provocato un incandescente, ultraterreno effetto, che ben si addice alla rappresentazione di un’ anima celeste. La quantità incredibile di tempo necessario è dovuto al fatto che Da Vinci non si era mai separato dalla pittura, cosa resa evidente dal fatto che non è gli è mai stato commissionato un ritratto da una donna sposata e ricca. La donna identificata come Lisa Gherardini era probabilmente stata presa a modello per fornire l’aspetto femminile al dipinto.
Estremamente importante, e di solito trascurato dallo spettatore, sono le due basi parziali di pilastri, su entrambi i lati della figura centrale. Ci sono quattro copie storiche della “Monna Lisa” fatte da altri pittori, e tutti quanti dipingevano un paio di colonne di pietra completa. Questo sembra suggerire che il dipinto originale era, probabilmente, tagliato ai lati. Non solo i due pilastri sostengono il tema complessivo della bi-formità, ma creano anche le basi per quello che era il simbolo primario del dio Giano – un arco!
Giano era infatti considerato dai Romani quale il Dio di tutti i cancelli, delle porte e degli archi. La parola latina per porta (Janua) è derivato dal suo nome, e tutti gli archi trionfali sono stati costruiti per la sua rappresentazione.
Al centro del Foro Romano sorgeva il tempio di Giano. Aveva un passaggio con ingresso ad arco su entrambe le estremità, fiancheggiato da colonne. Questo tempio è stato sicuramente ispirazione per Da Vinci per l’impostazione architettonica della “Monna Lisa,” poiché nel dipinto vediamo la sua figura eterea seduta in un luogo di fronte ad un arco colonnato.
Ci sono state speculazioni concernenti la possibilità che l’assistente omosessuale di Da Vinci, di 25 anni, Salai, fosse in qualche modo integrato/utilizzato per il volto di “Monna Lisa.” Nel contesto del simbolismo di Janus , ciò sembra probabile. Anzi, sarebbe proprio come aggiungere un ulteriore livello di complessità alla pittura di Da Vinci.
Le lettere MONA LISA possono infatti anche essere riassemblate in lun Salai, che significa “il mio Salai” in francese.
Alcune caratteristiche del “Mona Lisa” assomigliano certamente sia al Da Vinci che al Salai, ed è possibile che da Vinci abbia fuso la sua somiglianza con quella del suo compagno di vita, che egli considerava la sua “altra metà.” Il necessario aspetto femminile del dio dai due sessi potrebbe essere stato successivamente raggiunto con l’aggiunta delle caratteristiche fisiche di Lisa Gherardini.
Con la probabile presenza, nel dipinto, di Salai, di Lisa Gherardini e dello stesso Da Vinci, ho pochi dubbi sul fatto che la Gioconda rappresenti in reltà l’ego del Da Vinci, pari a quello di una donna che ama se stessa.
© 2010 Scott Lund. This article is printed
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