Sequestrata dalle F.A.R.C. (Fuerzas armadas revolucionarias de Colombia, formazioni di guerriglieri di ispirazione marxista) il 22 febbraio 2002, quando era candidata alla presidenza della repubblica del Paese latinoamericano,
Ingrid Betancourt vi è rimasta prigioniera per sei lunghi anni, vivendo nella giungla insieme ad altri ostaggi senza poter dare più notizie di sé.
Nata nel 1961, di nazionalità francese e colombiana, figlia di un importante uomo politico, la Betancourt come deputato e senatore si era distinta per una dura lotta contro la corruzione, la droga e i narcotrafficanti.
In
Lettera dall’inferno a mia madre e ai miei figli (Garzanti), un testo con prefazione di
Elie Wiesel indirizzato alla madre Iolanda ed ai figli Mélanie e Lorenzo, Ingrid descrive l’esperienza della prigionia, la segregazione dal mondo, dalla famiglia, dagli affetti, l’esistenza perennemente in bilico tra la vita e la morte, la solitudine, le umiliazioni, le sopraffazioni. Unico conforto, la lettura della Bibbia e la speranza da trovare dentro di sé. «S
ono stanca, stanca di soffrire» – scrive Ingrid – «
qui la vita non è vita, è solo un lugubre spreco di tempo. Vivo e sopravvivo, su un’amaca, tesa tra due pali, ricoperta da una zanzariera e da una tenda che fa da tetto e mi lascia pensare che ho una casa. Ho una tavoletta su cui metto le mie cose, cioè il mio zaino e la mia Bibbia, che è il mio unico lusso. È tutto pronto così possiamo partire di corsa».
Se ne ricava il ritratto di una donna forte, dignitosa, intelligente, intellettualmente libera, solida nei suoi valori e principi morali, disperata ma capace di consolare e incitare a resistere i destinatari della sua lettera. Commuoventi le raccomandazioni ai figli di applicarsi nello studio, nella musica e nella vita in genere per diventare persone migliori: «
Studiare vuol dire crescere: non solo perché si impara, ma anche perché è un’esperienza umana, perché intorno a voi le persone vi arricchiscono emotivamente, obbligandovi a un maggior autocontrollo, e spiritualmente, plasmandovi un carattere al servizio degli altri, in cui l’ego si riduce alla sua espressione minima per lasciare spazio all’umiltà e alla tempra morale. Vanno di pari passo. Ecco: questo significa vivere: crescere per mettersi al servizio degli altri. Ecco perché la tua musica è così importante. Grazie alla musica, puoi trasmetter felicità, compassione, solidarietà, impegno. E grazie ai tuoi studi, potrai capire come funzionano la nostra società, i suoi codici, le sue regole, e trovare le soluzioni per creare un mondo migliore».
Il manoscritto, dodici pagine in tutto, era stato sequestrato insieme a un video e ad alcune foto, in occasione dell’arresto di alcuni guerriglieri a Bogotà. Una copia era stata trasmessa dal governo colombiano alla famiglia di Ingrid nel dicembre 2007. Era dall’estate del 2003 che la famiglia non aveva più notizie né prove della sua esistenza in vita. La madre Iolanda, tuttavia, non aveva mai abbandonato le speranze: ogni giorno le mandava messaggi attraverso una nota trasmissione radiofonica, sicura che Ingrid li avrebbe potuti ascoltare. E cosi è stato, stando alle parole di Ingrid: «
Ogni giorno apro gli occhi alle 4 e mi preparo, in modo di essere ben sveglia quando ascolto i messaggi della trasmissione La carrilera de las 5. Ascoltare la tua voce, sentire il tuo amore, la tua tenerezza, la tua fiducia, il tuo impegno per non lasciarmi sola, ecco la mia speranza quotidiana».
.La lettera di Ingrid Betancourt è accompagnata dalla commuovente risposta dei suoi figli, Mélanie e Lorenzo, che si sono strenuamente battuti per la sua liberazione.
Ingrid Betancourt
Lettera dall’inferno a mia madre e ai miei figli
Garzanti
pp. 72
€ 11,00
di Rosa Maria Geraci