Morde con la penna e con il dono della poesia, del vocabolario raffinato e della sintesi in un unico, sapiente insieme. Passione ed eloquenza, gusto romantico e razionalismo espressivo, tutto in perfetta armonia. Bellissime immagini, poche parole accuratamente scelte, senza cadere nella (frequente, nelle opere di genere) ridondanza o nella trappola del
kitsch. Cosa si diventi, però, in seguito al suo “morso”, non è altrettanto certo. Se si acquistino i poteri e l’immortalità del vampiro, oppure si resti nello status ibrido, profondamente violento e frustrante del Quasi-Morto, a metà tra i fasti dell’epica e la normalità del quotidiano, molto dipende dalla sensibilità e dalla predisposizione di chi legge.
Siamo ormai decisamente condizionati dal nuovo “tipo” iconografico del vampiro contemporaneo, bello e maledetto, superpotente e fragile, destinato a combattere la propria natura nella ricerca infinita (e più o meno consapevole) della redenzione. Un eroe mostruoso addomesticato alle esigenze del sentimentalismo e del sogno, ormai assolutamente lontano dalle sue prime, originarie rappresentazioni. A differenza di questo eroe, il vampiro di Manfredi recupera un certo rigore filologico (anche nell’estetica), l’attenzione per il dato storiografico (frequenti i richiami alla settecentesca Peste Vampirica), acquisisce anzi il ruolo di ente primordiale e connaturato all’animo umano al pari del Divino perché, dice l’autore, è presente in culture ed in epoche estremamente differenti e distanti. Come il vampiro di oggi, però, anche questo
Non-Morto è definitivamente vivo: è passionale, razionale, antropomorfo. È capace di amore e di paura, di risentimento e di gratitudine. Invecchia e deperisce, come tutte le cose del mondo, e la sua cultura risente del passare dei secoli. I vampiri desiderano, dubitano, mentono e recitano; i demoni accettano di essere sostituiti dai figli, che proteggono con amorevole cura. Sono animali sociali, che si inseriscono nella comunità degli uomini per il proprio nutrimento fisico ed emotivo, attraverso l’omicidio, il sesso o l’amicizia, e si danno regole proprie, come nelle migliori organizzazioni segrete, contaminate da rapporti classisti. A tratti sono perfino capaci di una modernità e di una civiltà superiori a quelle degli uomini stessi. I vampiri di Manfredi, insomma, non sono “altro” da noi. E questo perché, come egli per primo confessa, la loro reale esistenza e convivenza con gli uomini sono tutt’altro che escluse dall’immaginario e tutti noi, in fondo, ce li figuriamo come una nostra potenziale evoluzione. “
La forza del vampiro”, dice Manfredi, sta nel fatto che “
pur non ammettendolo, … tutti lo avvertiamo oscuramente come possibile”.
In “
Ultimi Vampiri”, quindi, che raccoglie i racconti già pubblicati nel 1987 e due inediti (“
Summer of Love” e “
Consunzione”), nonché tre scritti in appendice con informazioni che difficilmente troverete altrove (tra cui la voce
Vampires contenuta in un’edizione del “
Dizionario Filosofico” di
Voltaire), il fascino del mistero e del mostruoso si mescola alla familiarità di sentimenti noti. Non a caso, infatti, di Manfredi è stato scritto che ai vampiri “
ha dato la parola” e che, pur non stando “
dalla parte dei vampiri, almeno ammette che dalla parte degli uomini non ci si è comportati sempre bene”. E allora, proprio come di fronte alle vicende umane, siate aperti alla compassione e non aspettatevi necessariamente una morale. Una storia può anche avere un finale aperto (un po’ alla
Irving Shaw): ad ognuno, secondo il proprio sentire, il compito di trarne l’insegnamento che crede.
Gianfranco Manfredi
Ultimi Vampiri – Extended version
Gargoyle Books
2009
di Cristina Scatolini