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Fiera Più Libri più Liberi: Manfellotto intervista Tahar Ben Jelloun

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Fiera Più Libri più Liberi: Manfellotto intervista Tahar Ben Jelloun

Tahar Ben Jelloun 2Il poeta e scrittore marocchino confessa: “se nelle mie opere tutto funzionasse, che noia!”

«Non incontrerai mai due volti assolutamente identici.
Non importa la bellezza o la bruttezza: queste sono cose relative.
Ciascun volto è simbolo della vita. E tutta la vita merita rispetto.
È trattando gli altri con dignità che si guadagna il rispetto per sé stessi
». 
(Tahar Ben Jelloun)

Ospite d’eccezione alla Fiera “Più libri più liberi”, diventata sempre più internazionale, direttamente dalla Francia è arrivato lo scrittore e poeta marocchino Tahar Ben Jelloun. Bruno Manfellotto, direttore dell’Espresso, lo ha intervistato, ne riportiamo un estratto…che ci mostra un autore che non ama la consuetudine e storie standardizzate perché sarebbero noiose!

Ci parli dell’attuale situazione della primavera araba, al centro di numerosi dei suoi testi.

Il processo non è ancora terminato e sta attraversando momenti molto difficili. Gli islamisti sono riusciti ad impossessarsi di questa rivoluzione e, dopo un anno e mezzo, hanno dimostrato solamente di essere incompetenti. Questa rivoluzione è la sconfitta degli islamisti. In Marocco ci sono state importanti riforme e le elezioni hanno dato la maggioranza agli islamisti che hanno ostentato un’incapacità a governare, anche dopo la nuova alleanza. Ora gli islamisti sono sempre al governo, ma hanno ruoli minori, quelli di maggiore rilievo sono stati affidati a dei tecnocrati. Ci auguriamo che non tornino al governo, poiché sembra non sappiano cosa sia il potere. Poi c’è il caso più complesso della Siria. Tuttavia la parola d’ordine più universale che ricorre in tutte le manifestazioni di rivolta per la libertà è dignità. Si tratta di popoli che insorgono per giustizia, dignità e libertà, non per un aumento salariale, ma per essere rispettati quali cittadini e per vedersi riconosciuti quelli che sono i loro diritti in quanto tali. Perciò il messaggio che volevo far trasparire dai miei libri è che è inaccettabile essere umiliati dal potere. Ormai non si può più tornare indietro poiché questa primavera araba ha spazzato via la paura, che era ciò con cui si riusciva a controllare i moti sovversivi e a soggiogare il popolo. Nessuno più si impegna per motivi religiosi o filosofici nell’islamismo; ma ci si ‘arruola’ per la povertà e la miseria, cadendo vittima del traffico di droga e della malavita che organizza rapimenti di ostaggio per ottenere fonti di reddito, autofinanziamento e sussistenza”.

Quale il ruolo degli Stati europei?

Purtroppo nessun Paese africano o arabo può contare su un aiuto europeo attualmente: sarebbero dovuti intervenire subito quando Hassad ha sparato sulla folla. Europa ed America hanno contribuito a gettare questi Stati nel caos più totale, sfruttandone le risorse petrolifere, con la conseguenza che non c’è più fiducia nei governi, soprattutto stranieri”.

Ne nascono quei movimenti rivoluzionari al centro della letteratura, quale rapporto li lega?

La letteratura non può accompagnare giorno per giorno tali movimenti, viene dopo queste testimonianze: è il dramma a creare l’opera ed è molto difficile scrivere durante lo svolgimento di una guerra. Certo, si possono fare dei documentari, ma la letteratura ha bisogno di distanza e di tempo poiché agisce per metafore. Lo scrittore è qualcuno che si ispira alla realtà, la trascende, ne va ben al di là per fare una vera opera letteraria. Al contrario la poesia potrebbe essere scritta contemporaneamente”.

A proposito di letteratura, quali i nuovi libri che ha scritto?

Un saggio sulla primavera araba e un testo letterario che si intitola “Fuoco” (trad. Anna Maria Lorusso, Bompiani 2012 ndr), che racconta la storia di un giovane studente laureato che si trova a vendere frutta e verdure per strada con un carretto. Gli ho dato una famiglia e ho mostrato tutte le umiliazioni che subisce mentre tenta di vendere. È una storia universale, non datata, ispirata al ragazzo egiziano che si è dato recentemente fuoco. Il libro è uscito a settembre”.

E dell’immigrazione che ci può dire?

Ci sono due paradossi: da un lato c’è l’Europa che ha bisogno di manodopera e di immigrati; dall’altra ci sono i disperati che arrivano coi barconi a Lampedusa e muoiono. E non sappiamo come impedire a questi mafiosi che gestiscono questi ‘viaggi della speranza/morte’ di prendere questa gente e buttarla in mare su imbarcazioni prive di sicurezza. È questa rete di mafiosi il problema non tanto gli immigrati: non sono loro a creare la disoccupazione. In Francia un milione di posti di lavoro sono scoperti poiché gli europei non vogliono fare quei mestieri e non ci sono abbastanza immigrati a ricoprire quelle posizioni. Il governo questo non lo dice. Il ministro dell’Interno francese, Manuel Valls, ha regolarizzato circa 15mila immigrati; è sembrato un atto di cristiana benevolenza, invece era un atto necessario dato che si è scoperto che già lavoravano in nero. Spesso sono sfruttai, sottopagati e i datori di lavoro non li regolarizzano con nessuna assicurazione previdenziale, sanitaria o fiscale. C’è bisogno di definire una politica europea per l’immigrazione oggettiva e umana. Dire che rubano lavoro è errato poiché, se non lavorano, è lo Stato a rimetterci. Ancora più grave il problema dei figli di 2^ o 3^ generazione che vengono trattati quali stranieri. Al problema dell’immigrazione si associa quella del razzismo: non ce n’è più di 30 anni fa, solamente se ne parla di più. Il ministro Kyenge in Italia e la corrispondente cugina francese, Christiane Taubira, sono due ministri, ma anche due donne e di colore, oggetto di insulti nelle loro nazioni per la stupidità della gente. È assurdo che la ministra francese sia stata offesa da un gruppo di bambini, portato lì dai genitori, contrari al matrimonio dei gay, che le ha urlato contro: ‘Scimmia, mangia la tua banana’”.

E dell’Italia che pensa?

È una società straordinaria: qui sono tutti ospitali, generosi, amano mangiar bene e quando vanno a votare votano Berlusconi condannato per frode fiscale…è un popolo strano (ride ndr). Parlando con un mio amico che lo ha votato, gli ho chiesto per quale motivo gli avesse dato il suo voto e mi ha risposto: ‘perché la gente vuole essere come lui e guadagnare molti soldi’. L’Italia è contraddittoria come tutti i Paesi affascinanti. Non voglio giudicare un paese che amo. Ho frequentato molto i paesi del Nord dove la politica funziona e le regole vengono rispettate, ma che noia! (sorride ndr). A me piace un paese mediterraneo dove si può uscire col rischio di vedersi rubare il portafoglio da un bambino che poi te lo restituisce. Napoli, ad esempio, è una città tragica e comica, dove trovi insieme il dramma e la tragedia, ma funziona anche se gli italiani non lo diranno mai”.

Che consigli darebbe a chi legge?

Bisogna leggere. Sono soprattutto le ragazze a leggere: quando devo autografare i libri sono sempre loro a venire; ogni tanto arriva un uomo, ma poi mi dice ‘è per mia moglie’…così, da questo momento, scriverò solamente per donne (ride ndr)…potrei pensare a una storia d’amore bellissima, in cui i corruttori vanno in carcere e tutto funziona, ma sarebbe noioso”.

di Barbara Conti