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Facce del Tricolore: I traditori e La lunga notte dei Mille

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Facce del Tricolore: I traditori e La lunga notte dei Mille

La grande marcia del Risorgimento e le ombre dei reietti nei testi eterodossi ed emozionanti di Giancarlo de Cataldo e di Paolo Brogi

Sbriciolare in un coacervo di ego narrativi, tra protagonisti e comprimari, il corso limaccioso e disomogeneo del caos risorgimentale. Trovare tre giovani caratteri, fittizi ma potentemente simbolici e orchestrare intorno ad essi una trama tra Storia, spionaggio, tragedia e testimonianza antropologica. I traditori (Giulio Einaudi Editore, Torino 2010, pp. 582, € 21,00) di Giancarlo De Cataldo sono uomini e donne impastati nella corsa all’unità, in bilico tra repubblica ed anarchia, tra nobiltà e albori di maffia, armati dal desiderio di indipendenza e imbevuti di fulgidi ideali mazziniani prossimi al collasso sotto la spinta delle manovre internazionali di un algido quanto machiavellico Cavour. De Cataldo tesse il “romanzo criminale” di un’Italia colta nel viaggio faticoso verso il cambiamento, una quasi nazione in cui gruppi ribelli cercarono un fronte solidale contro il nemico austriaco; in cui donne rivoluzionarie lottarono per il riscatto e il rispetto della propria presenza storica; in cui molti faccendieri macchinarono inganni e alleanze nelle fumisterie dei ricchi e nelle strade dei briganti; in cui eroi garibaldini attesero anni in carcere e ore interminabili tra le rocce per accendere il sogno di una Roma solo più tardi ottenuta a furia di sgambetti e compromessi ad opera delle eminenze grigie del governo neonato. Con la sua penna scattante e barocca De Cataldo crea un intricato affresco in quattro tempi, nel quale complottano, amano, bramano, perdono, combattono e tradiscono l’integerrimo e pragmatico picciotto Salvo, l’allucinato e ansioso voltagabbana Lorenzo di Vallelaura, il delicato Michele di Villagrazia, commerciante intellettuale di marsala, la volitiva Violet Cosgrave, incantevole sovversiva, il lugubre, furente, dolente Mazzini, misterioso orditore di trame e battaglie e socialista sofferto, il focoso Terra e l’ammaliante, selvaggia, matematica Striga. Mille volti di un’Italia sbocciata nelle guerre intestine. Mille e più anche i nomi dei rinnegati, di coloro che rifiutati dal Re ultimo arrivato e aboliti dal nascente sistema nazione, fecero l’Italia e poi partirono verso altri “lidi”.

Ne La lunga notte dei Mille (Aliberti editore, Roma 2011, prefazione di Gian Antonio Stella, pp. 317, € 19,00) l’esperto giornalista Paolo Brogi narra le avventure rocambolesche, le depressioni, le esplorazioni e le amare (dis)illusioni dei sopravvissuti alla Spedizione, i quali davanti agli occhi increduli da reduci fieri e folli trovarono un’Italia diversa dal tricolore sperato e sudato, dalla quale spesso furono costretti paradossalmente a fuggire. Mille e ottantanove uomini (tra loro una donna ardimentosa, la ripudiata moglie dello scalpitante Crispi) salparono alla volta dell’unificazione. Centinaia tornarono, vivi, strappati, disoccupati, inaccettabili sulla nuova carta d’identità del Paese. Tra loro medici, bottegai, ingegneri, manovali, nulla tenenti, ex soldati, analfabeti, truffatori, mercanti, avvocati, tutti colpevoli di aver spiegato con disordinata, copiosa audacia le ali di una libertà rischiosamente repubblicana, irregolare, eversiva, fuori controllo nello stato di fresca fattura. Molti scelsero stoico suicidio, molti abbracciarono le mura domestiche e le magre risorse di ipocriti sussidi, altri tentarono scalate politiche, tantissimi emigrarono nel nuovo mondo e in Sud America a rimpinguare altre minoranze. Brogi accende lumi su una notte nebulosa, sulla sorte taciuta di coloro che nella violenza e nella saggezza vollero per primi gettarsi nel disegno glorioso e insanguinato dell’unità.

di Sarah Panatta

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