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Nicola Acunzo: l'uomo da un milione di euro

nicola_acunzoUn caratterista d’autore…

“Il destino dell’uomo, il destino dell’attore sta nel proprio carattere” esordisce Nicola Acunzo, recentemente “reduce” del successo cinematografico Vallanzasca (in cui interpreta un capo-banda del sud, a fianco ad attori del calibro di Kim Rossi Stuart e sotto la sapiente regia di Michele Placido)

“Un attore non arriva ad essere un idolo, un nome come si suol dire, per fortuna … o per caso. Ci vuole, dietro al suo lavoro, anche tanto carattere. Quello che voglio dire è che oltre all’attore c’è quello che definirei il back stage dell’attore, che l’attore DEVE avere se vuole arrivare. Io, per esempio, sono un attore che fa soltanto pellicole di qualità e teatro, voglio dire non sono un attore da fiction o simili … non sto giudicando nessuno, sto soltanto dicendo che è una questione di scelte. Io ho scelto di essere promosso dagli specialisti del settore, non da quelli che incontro tutti i giorni in metropolitana … ma entrambi, esperti e sconosciuti in metropolitana, possono farmi domande intelligenti, perché le mie scelte artistiche sono state intelligenti. Non ho mai scelto la serialità, tipica della fiction appunto, anche perché poi è difficile scrollarsi quel personaggio di dosso. Io vengo definito un caratterista d’autore … allora mi guardo allo specchio e mi dico : bene.”

  • Cosa intendi per personaggio?

“Beh, ecco, il fatto è questo : la commedia italiana boccheggia ancora … e questo perché non vengono scelti interpreti … ma personaggi. Una volta c’erano gli attori caratteristi, ma le nostre commedie, quelle di oggi intendo, non saranno mai dei cult : voglio dire, il trash di una volta era una scelta degli interpreti … oggi quello che è trash lo è perché solo quello sanno fare! Io non ho mai voluto farmi imbrigliare in uno stereotipo, non ho mai fatto cabaret, né provini per Zelig … questo non per disprezzare il cabaret, ma perché io mi sento un interprete, ecco. Ho avuto fortuna e l’opportunità di lavorare con i veri Maestri, e dunque non ho sofferto per il mio non essere conosciuto. Perché, nel tempo, le mie scelte di qualità mi stanno premiando.

  • Vallanzasca e L’Astice al Veleno. Cinema e Teatro. Placido e poi, subito dopo, in tour con Salemme. Come mai il teatro, ora?

“Quello di Salemme non è solo teatro, ma teatro vivo e di qualità. Non parliamo più del teatro polveroso e vecchio, quello a causa del quale il pubblico non va più a teatro. Parlo di commedia d’autore, di quella che tutte le sere ha almeno 1000 persone in platea, quella che guadagna un milione di euro … cavoli, se ci pensi un milione di euro è l’incasso di un film. Anzi, Vallanzasca ha fatto un milione di euro al botteghino questo week end … e 1 milione di euro è ciò che ha fatto al botteghino anche lo spettacolo di Salemme. Dunque … io potrei definirmi un po’ l’uomo da un milione di euro…!” (ride)

  • Cosa ne pensi delle giovani generazioni di attori, e delle Accademie?

“La scuola è senza dubbio importante. Uno dei miei rimpianti, uno dei piccoli rimproveri che mi faccio è proprio questo : non aver frequentato una scuola. Ma … ora ecco una critica : una cosa che non hanno le scuole oggi è che l’insegnamento oggi non è abbastanza. Cioè, oggi è più difficile trovare lavoro piuttosto che formarsi. Quella stessa energia che tanti giovani mettono nel formarsi, ecco, credo che sia necessaria per sviluppare la volontà di incontrare, confrontarsi, accrescere se stessi … anche a livello pratico, cioè capire come vanno le cose, qui, in Italia. Forse io sono fortunato … perché fa parte della mia indole una certa capacità di adattamento e di osservazione.”

  • Qual è, oggi, il tuo atteggiamento nel “fare cinema”?

“Ora sul set ho lo stesso atteggiamento, lo stesso modo di fare che aveva Placido nel film di Monicelli … ecco, ora mi appartiene : Michele non chiedeva mai fammi un primo piano, ma lo rendeva possibile grazia ad una PROPOSTA CREATIVA, ovvero occorre ingegno se si vuole guadagnare un primo piano in più. In Vallanzasca io ho chiesto di essere ripreso mentre fumavo una sigaretta, essendo il fumare sigarette un must e un simbolo degli anni ’70, ecco, questa è la proposta creativa, un’azione che abbia un senso … e, alla fine, un primo piano in più per me.”


E così anche noi vedremo presto, al cinema, i primi piani di Nicola Acunzo e di tutti gli altri giovani eppur sceltissimi artisti di questo cast e di questo film d’autore.

 

di Chiara Alivernini

 

foto di Simona Marletti