Teatro, cinema, fiction televisive… tre forme artistiche differenti, tre modi di intendere l’arte visiva, l’intrattenimento e lo spettacolo, ma anche tre tipi di pubblico diversi, con esigenze differenti. Puoi spiegarci come affronti le tematiche che vuoi raccontare, a seconda della modalità che decidi di offrire al pubblico?
Io mi muovo da diversi anni indipendentemente tra teatro cinema e televisione, ma la mia nascita è teatrale…. teatrale sia come regista ma ancor prima come drammaturgo, come scrittore di testi teatrali. Sono stato autore di alcune sceneggiature di cui ho trattato la regia, sceneggiature sia per il cinema che per la televisione. In alcuni casi ho trasformato testi teatrali miei in qualcos’altro, in sceneggiature per film, ad esempio… è il caso di “Uomini senza donne”che è nato prima come testo teatrale e poi è stato fatto anche al cinema… è il caso di “Naja”che è nato per il teatro e poi è stato fatto per il cinema e la stessa sorte è toccata a “Madri”che ha come tema basilare la maternità e che è stato realizzato in un secondo momento in due puntate televisive. Addirittura l’ultimo film che ho fatto con Alessio Boni e Laura Morante “Non aver paura”è tratto, ma alla lontana, da un altro mio testo teatrale. Altre volte, invece, mi è capitato di scrivere delle sceneggiature da zero, sia per il cinema che per la televisione, ma mi sono trovato anche nella situazione di dover mettere in scena per la televisione alcuni film scritti da altri: ad esempio Caravaggio parte da una sceneggiatura di Andrea Purgatori e Jim Carrington sulla quale ho attuato una revisione…
Questo grande preambolo è stato fatto sostanzialmente per dire una cosa: in realtà tutto quello che accomuna questi diversi mezzi espressivi è la scrittura ancor prima che l’immagine. La drammaturgia, che poi unisce tutto ciò che si deve percepire attraverso immagini e parole, è l’elemento che unisce tutti gli ambiti in cui mi muovo. Ovviamente l’immagine non può essere considerata in secondo piano, tuttavia la drammaturgia unisce tutti questi elementi portanti.
Nella televisione sicuramente si ha a che fare con una committenza più rigorosa, che è sostanzialmente l’editore, RAI, Mediaset… il regista e lo sceneggiatore devono in qualche modo “assoggettarsi” ai voleri di target e di espressione artistica dell’editore. Tutto ciò, comunque, dipende da soggetto a soggetto, non si può darlo sempre per scontato… per esempio, sempre con Caravaggio sono stato molto fortunato. La RAI mi ha lasciato molto libero di interpretare un personaggio conosciuto ed importante come Michelangelo Merisi senza particolari vincoli.
Il teatro è sicuramente il mezzo espressivo più libero… senza imposizioni se non le tue esigenze… In teatro puoi permetterti un linguaggio, una tematica e un modo di esprimerti più forte, più incisivo, e toccare temi anche molto crudi che la televisione non ti fa trattare, mentre il cinema anche, ma a costi davvero stratosferici.
Il teatro ti dà molto agio di esprimerti. Essendo il mio punto di partenza inevitabilmente lo considero la mai casa madre, il mio punto di riferimento e di partenza… stabile.
Prendendo in considerazione i tuoi primi lavori cinematografici e mettendoli a confronto con gli ultimi di prossima programmazione, noti un’evoluzione nella tua capacità d’espressione sia visiva che scritta?
Io ho sempre privilegiato l’aspetto sociale nelle tematiche che racconto nelle mie opere, sia per quanto riguarda il teatro, il cinema e la televisione, il sociale è sempre stato la mia caratteristica. Sia quando parlavo di trentenni incapaci di vivere in modo adeguato i sentimenti, raccontando una generazione di persone che non riuscivano a crescere. Sia quando ho affrontato i problemi relativi al servizio militare in “Naja”, sia quelli inerenti la maternità e sia il testo che ho scritto ultimamente “Bravi ragazzi” che parla del vuoto culturale ed emotivo delle nuove generazioni e della violenza che questo vuoto fa scaturire, sia quando ho toccato il tema della pedofilia in “Non aver paura”… insomma la tematica generale è quella dell’impegno civile, in qualche modo… ciò non toglie che in alcuni momenti mi sono concesso delle fughe e delle libertà nel mondo della commedia… o come nel caso di Caravaggio, nell’analisi storica di un personaggio e di un periodo. Tenendo sempre presente che il mio binario principale è quello dell’analisi sociale e dell’attualità, ciò non toglie che mi possa concedere degli svaghi a fare una commedia o appassionare moltissimo a descrivere un personaggio storico ed un periodo, come è successo, appunto, in Caravaggio.
Sin dai miei primi lavori mi sono sempre ripromesso di avere una cura attenta del particolare, e credo di averla mantrenuta nel tempo e spero migliorata.
Tu nasci come attore teatrale e compi una sorta di metamorfosi che ti porta ad essere autore, sceneggiatore, regista… l’essere partito con l’esperienza della recitazione ti ha agevolato nella tua realizzazione anche dall’altra parte della scena?
Il fatto di aver avuto una breve carriera di attore mi permette di dirigere oggi gli attori sapendo cosa chiedere. Quando sento parlare di me, spesso viene detto che sono un buon direttore di attori, sia in teatro che al cinema o nei set televisivi… Credo di dover ringraziare questa iniziale carriera d’attore perché questo mi permette di saper esattamente cosa chiedere all’interprete e spesso anche di mettermi al suo posto e di fare qualcosa per poi mostrarlo . Ad esempio spesso mi capita di dire “scusa un attimo, provo a farlo io” così vedo e ci provo… così che se c’è qualcosa da rivedere o da suggerire lo comprendo in maniera diretta. Gli attori vedendomi riescono a capire una cosa pratica, non soltanto una mia linea logica o intellettuale. E questo è fondamentale… tutte le volte che un giovane regista mi chiede un consiglio su alcune cose e soprattutto su cosa fare per primo, io gli suggerisco sempre l’attore. Bisogna provare a capire cosa voglia dire la recitazione. Quello viene prima di qualunque cosa. Perché il regista è l’unico sul set o in teatro che sa esattamente qual è il senso del racconto… quali sono il senso e l’accadimento degli eventi, e perciò è l’unico che sa cosa dire agli attori e collaboratori. Prima di tutto ci sono gli attori per raccontare una storia, è quello che si dicono e come lo fanno che genera la storia in sé… poi la si può raccontare male o con una cattiva fotografia o grandiosa… con una bellissima scenografia, però rimane quello che accade tra gli attori che è al primo posto… dopo di che c’è tutto il resto… ancora una volta ribadisco che fare l’attore è importante per essere un buon regista.
Solitamente come strutturi il lavoro sul set? Hai piccole “manie” organizzative… una sorta di ritualità da compiere passo dopo passo?
Solitamente al cinema cerco sempre di fare delle prove a tavolino prima di iniziare le riprese. Dieci giorni prima di iniziare le riprese mi incontro con gli attori per fare delle prove esattamente come si fa in teatro, per studiare il testo e per fare degli approfondimenti… Quando si aprono le riprese dò delle impostazioni generali al direttore della fotografia e agli operatori… dopo di che mi eclisso per provare con gli attori. Poi ritorno sul set, rifaccio le prove con gli attori con i movimenti di macchina, etc etc, e poi giriamo. Diciamo che questo metodo di lavoro tendo a mantenerlo sempre. Quindi subordino sempre il lavoro che avviene con la macchina da presa a quello che avvie
ne con attori. Non faccio mai muovere gli attori in base ai movimenti della macchina da presa, ma esattamente il contrario. E tutto ciò è l’unica certezza che ho dal punto di vista della pratica cinematografica.
Nel 1995 scrivi e dirigi “Uomini senza donne”, e scegli come protagonisti la coppia Gassman – Tognazzi. Il film riscuote notevole successo anche oltre il territorio italiano. Ti senti in un certo senso lo scopritore della coppia Gassman – Tognazzi junior?
La situazione tra me Gianmarco e Alessandro è stata assolutamente casuale. Eravamo casualmente tutti nella stessa agenzia ed è nata dal nostro agente l’idea di fare un testo teatrale mio con loro due. Questo testo non era inedito perché l’avevo già fatto con una produzione milanese, ma è stato rimesso in scena a Roma e da un piccolo teatro lo spettacolo è esploso ed è diventato uno spettacolo che ha incassato 2 miliardi delle vecchie lire, che è una cifra mostruosa per il teatro. Infatti subito dopo ci hanno chiesto di fare una trasposizione cinematografica, e anche lì ha incassato parecchio… prodotto e distribuito dalla Cecchi Gori.
Da lì è nato un sodalizio per un altro spettacolo teatrale che si chiama “Testimoni”che andò molto bene anch’esso, e poi un altro film sempre prodotto da Cecchi Gori che si chiama “Facciamo Fiesta”, ambientato a Cuba, che è andato meglio rispetto di “Uomini senza donne”, nella sua trasposizione cinematografica.
Il sodalizio, poi, è finito lì, dopo 4 lavori di grande successo, due teatrali e due cinematografici. Dopodiché loro hanno preso altre strade, hanno fatto un musical, altri film e in ultimo si sono divisi, come coppia comica.
Diciamo che io non mi sento in alcun modo responsabile né della loro unione né della loro divisione… ormai loro camminano per la loro strada da anni e io anche… abbiamo fatto una piccola parte del nostro cammino assieme ed è stato molto fortunato e fruttuoso e siamo amici…
Il tuo prossimo lavoro pronto per il pubblico è “Un amore di strega” in programma nella prossima primavera su canale 5, vagamente ispirato a “Vita da strega”, celebre sitcom statunitense degli anni ’60. Ci puoi spiegare in maniera più ampia di cosa si tratta?
No, in realtà non è ispirato a nulla… in molti hanno detto che era ispirato sia a “vita da strega” o da “mia moglie è una strega”, ma in realtà si tratta di un lavoro completamente originale. Siccome sono talmente tanti i film che sono stati fatti sfruttando la tematica stregonesca, l’archetipo della magia e delle streghe, che inevitabilmente viene in mente qualche paragone. Ma si tratta di un’idea originale che non si ispira a nulla se non a tutti i film che hanno come protagonisti delle streghe, ma anche addirittura alle favole della Disney o addirittura anche alle favole di Calvino… in realtà ci sono tutti gli ingredienti della favola e della commedia sentimentale brillante. Un film un po’ all’americana con tutti gli elementi che possano soddisfare un po’ tutta la famiglia. E’ un’operazione che non avevo mai fatto in vita mia, perché pieno di effetti speciali… irreale… molto buffo e divertente. La commedia è nelle mie corde e la domino, ma l’irrealtà e la magia è davvero la prima volta che incontro nei miei lavori. E’ stato davvero molto divertente anche perché ho pensato alle mie figlie… avevo sempre presente che questo film potesse essere visto da loro. Da diverso tempo mia figlia più grande mi chiedeva sempre di fare un film di fantasy… ed ecco che mi è arrivata questa possibilità grazie ad Edwige Fenech, e l’ho fatta con allegria, e credo possa essere molto piacevole perché buffo e sostanzialmente simpatico.
È strutturato in più puntate?
Edwige Fenech produttrice… un sodalizio che si ripete anche per “Le segretarie del settimo”, tuo prossimo lavoro, questa volta in programmazione su RAI 1…
“Le segretarie del sesto“, perché hanno cambiato il titolo… in realtà questo sarebbe il quarto film che faccio con Edwige Fenech. Abbiamo fatto “Le Madri”, “Part time”, “Un amore di strega” e adesso “Le segretarie del sesto”. Tre film per la RAI e uno per Mediaset. Edwige è una produttrice con cui si lavora bene, perché è una donna molto colta, preparata cinematograficamente, di molto gusto, è bello ragionare con lei perché ci si confronta, c’è molto dialogo e rispetto e non è assolutamente impositiva. Il modo che abbiamo trovato per rapportarci è ancor prima di amicizia che di lavoro, per cui ci siamo trovati molto bene a lavorare assieme e mi auguro che prossimamente potranno esserci altre occasioni.
Segretarie racconta la storia di un ambiente lavorativo, una grande società assicurativa che governa totalmente tutto il centro-Sud dell’Italia, e all’interno di questa struttura accade un terremoto: il capo è costretto ad andar via. Questo da origine ad una battaglia intestina molto aperta per succedergli. Tutti i dirigenti si fanno la guerra indirettamente utilizzando le loro segretarie… in pratica è tutto un gioco di potere svolto al femminile… la cosa interessante è come nel tempo le donne abbiano acquisito gli stessi identici meccanismi, mezzi e strumenti tipici degli uomini per ottenere il potere. In realtà ora le differenze sono quasi totalmente azzerate, la proverbiale solidarietà femminile è andata perdendosi… Le donne hanno acquisito giustamente tutti i diritti dell’uomo e le possibilità di affermarsi quanto lui, mentre prima aavevano comunque mantenuto un’ umanità e differenziazione dall’uomo, ora ne hanno copiato e interiorizzato anche i difetti poco piacevoli. E’ comunque una commedia con la quale sì va a sottolineare un cambiamento epocale, tuttavia utilizzando sempre le armi del sorriso e del divertimento. La sceneggiatura è stata scritta da Laura Toscano, che ha mantenuto all’interno del suo scritto un personaggio che viene da “Commesse”, Romeo, interpretato da Castellano. Ex commesso omosessuale attualmente disoccupato, che ormai con il peso degli anni è comunque costretto a reinventarsi venendo a chiedere una nuova occupazione in questo ufficio di assicurazioni, ed è costretto a sottomettersi a dei voleri femminili non certo consoni all’etica lavorativa. E’ un personaggio buffo che sta ad impersonare la situazione del momento, la crisi che ha investito il mondo, l’Europa e nel nostro caso anche l’Italia.
Le interpreti del film sono La Gerini, la Ramazzotti, Tosca D’Aquino, Antonia Liscova, Fabio Troiano e Castellano, più o meno li ho ricordati tutti.
Per quanto riguarda il cast, solitamente hai libertà assoluta o necessiti di un casting o addirittura certi attori possono essere imposti rispetto ad altri?
Per quanto riguarda il cast spesso si procede in collaborazione con gli editor televisivi e i capi struttura. Io faccio sempre le mie proposte, ed in base a quelle si discute e si accetta oppure vengono proposte altre scelte. Nel cinema porto avanti le mie idee e solitamente non ci sono problemi, mentre per il teatro davvero nessun impedimento. Quindi c’è sempre una mediazione maggiore più ci si avvicina alla TV, mentre il teatro è davvero il suo opposto… ma questo è normale perché un regista si occupa molto più della struttura narrativa in sé che dei risultati economici di base.
Solo per Caravaggio ho utilizzato di un Casting perché avevo necessità di formare un cast internazionale che comprendesse attori italiani, serbi, tedeschi e spagnoli, ma solitamente non lo uso.
Dall’idea di raccontare qualcosa alla sua concretizzazione in storia compiuta.. Quanto tempo passa? Quali e quante sono le tappe evolutive?
I tempi di realizzazione di una scrittura dipendono dal media che si utilizza. Per la TV i tempi sono davvero molto lunghi, per il cinema mediamente lunghi, mentre per il teatro sono meno lunghi… diciamo… Più si necessita di una mediazione tra più persone o con i committenti e quant’altro e più si allungano i tempi, inevitabilmente. Per scrivere una sceneggiatura televisiva occorre procedere per gradi, scrivere un soggetto, proporlo agli editori, per poi passare ad un trattamento, anch’esso discusso con gli editori, per poi giungere ad una sceneggiatura che andrà nuovamente discussa. Nel cinema solitamente scrivi, proponi, ti dicono la loro e poi si arriva ad una mediazione unica. Per il teatro ognuno fa da sé e può portare avanti la sua creatività in solitudine. Naturalmente a seconda delle tematiche che si affrontano c’è più o meno difficoltà di stesura, e quindi i tempi spesso sono anche dovuti all’estrema facilità di raccontare alcune storie che sostanzialmente si scrivono da sole, mentre altre hanno necessità di più tempo… ad esempio ho scritto in un testo teatrale che è in tournée da sei anni, e si chiama Xanax , con Amanda Sandrelli e Blas Roca Rey. Da questo testo teatrale ho poi ricavato un romanzo che ho pubblicato con la Mondadori. Paradossalmente per scrivere quel romanzo ci ho messo un anno. Un altro testo teatrale “Bravi ragazzi”, l’ho scritto in un mese, mentre “I Lupi” che ancora non è stato rappresentato, ci ho messo mesi e mesi per scriverlo… Tutto dipende dalla rielaborazione di un’idea che si deve trasformare in forma. Solitamente di getto mi vengono le commedie, mentre per i drammi ci vuole più tempo.
Abbiamo parlato di progetti imminenti, ma so che attualmente stai realizzando la sceneggiatura e successivamente la regia di un film su Tiberio Mitri. Ci puoi dare delle anticipazioni?
Prodotto dalla RAI con la produzione esecutiva di Massimo Cristaldi scriverò questa sceneggiatura con Alessandro Sermoneta, Elena Ducaccio, Maurizio Giammusso. Questo è un film previsto per l’anno prossimo, quindi orientativamente dopo l’estate inizieremo i lavori con più regolarità. Si tratta di una storia molto interessante… Uno dei due-tre pugili più importanti nel panorama nazionale italiano, uno dei pochi pugili ad essere riuscito a terminare un incontro in piedi con Jack La Motta nel famoso Madison Square Garden, ed il primo pugile a diventare un vero e proprio personaggio, sposando la Miss Italia Fulvia Franco e diventando tra i primi paparazzati. La loro fu una storia sentimentale molto scenica, di amore e odio profondissimo, quasi una storia classica alla “Gilda”, alla “Via col vento” o “New York New York”… questi amori travolgenti e fortemente contrastati internamente… passioni eccessive e gelosie smisurate. Due personaggi entrambi all’apice del successo ed entrambi triestini, su uno sfondo di una Trieste divisa. Davvero una storia straordinaria. Lui, poi, diventò anche attore lavorando addirittura con Fellini e ovviamente trasferendosi a Roma… insomma un mito assoluto degli anni cinquanta, purtroppo finito molto molto male… tuttavia una storia straordinaria che sono sicuro appassionerà molto il pubblico.
Mi sembra di scorgere nelle tue opere una forte sensibilità ed interesse per le problematiche interiori contemporanee, ma quando ti affacci in una tematica storica scegli un personaggio estremamente complesso quale Caravaggio…
Questo è uno dei progetti che mi sono stati proposti… ed è stato davvero affascinante. In primis perché quando ti trovi di fronte ad un discorso del genere sei costretto a studiare, a rimetterti sui libri, a riflettere, ad interpretare, a vivere il personaggio e l’epoca. E io leggendo e studiando e frequentando Maurizio Marini che è stato il mio
consulente artistico e storico, che è uno dei maggiori esperti di Caravaggio, ho imparato questo personaggio e gli ho dato una mia interpretazione, che si avvicinasse al concetto chiaro che mi ero fatto di lui. Io credo che se Caravaggio vivesse ai tempi nostri, sarebbe una persona da curare clinicamente, da mettere in terapia, una personalità fornita di un grandissimo genio creativo, ma profondamente disturbata… con una forte patologia depressiva sommato ad un disturbo bipolare della personalità fortemente accentuato… forse addirittura schizofrenico. Tutta questa sua ambivalenza si manifesta nel suo genio artistico… l’invenzione dell’ombra e della luce e la sua applicazione così coinvolgente ma anche netta manifesta oltre ad un fatto estetico importante, anche una separazione della personalità… un dualismo continuo tra ombra e luce, tra il bene e il male, tra fede e dissacrazione, tra santità e peccato, tra violenza e amore. Lui era attratto da tutti gli opposti ed era un onnivoro di tutte le passioni… Per me è stato un incontro straordinario… Quando si racconta la storia di Caravaggio indubbiamente si tratta di arte allo stato puro, ma racconti anche una storia di cappa e spada, un giallo, una sorta di poliziesco, infatti ha ucciso è fuggito, ha chiesto clemenza e riabilitazione… raccontare la vita di Caravaggio equivale a raccontare tutta una serie di film. E’ stato bellissimo ed esaltante e allo stesso tempo è stato un arricchimento culturale. In altre parole posso definirla come l’esperienza migliore della mia vita artistica, poiché ho avuto modo di lavorare con un maestro della luce che è sicuramente il più caravaggesco dei direttori di fotografia che è Vittorio Storaro.
Il DVD Caravaggio, l’ombra del genio verrà presentato alla Feltrinelli Libri e Musica di piazza Colonna, 31/35 – 00187 Roma
Lunedì 16 Gennaio 2009 dalle ore 18:00
Raccontare il Caravaggio, luci e ombre, ambivalenze e contraddizioni che hanno caratterizzato la travagliata esistenza di Michelangelo Merisi. Questo l’ambizioso obiettivo di Caravaggio, l’ombra del genio interpretato da Alessio Boni nel ruolo del grande pittore italiano. L’uscita del film in DVD è l’occasione per parlarne con il suo protagonista.
Intervengono Alessio Boni, Angelo Longoni e Vittorio De Bonis.
di Svevo Ruggeri