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Intervista ad Alma Daddario

Alma Daddario

L’albero della conoscenza produce … Strani Frutti

Autrice teatrale, giornalista, scrittrice, recentemente organizzatrice di reading poetici presso l’Isola del Cinema (Estate Romana), vincitrice nel ’97 del premio Stanze Segrete con il suo testo: “Siamo tutti Libertini”, ideatrice di trasmissioni radiofoniche per Radio3. Ed ecco che ora questa poliedrica artista, Alma Daddario, ci sorprende con una raccolta di racconti dal fascino inquietante e dal sapore vagamente noir, con un retrogusto afrodisiaco che risveglia i sensi e la sensualità, specialmente quella femminile, spesso sopita (come la stessa autrice ci lascia intendere attraverso le proprie parole). Ci siamo trovati faccia a faccia con Alma, per farci in qualche modo “raccontare” il suo libro.

  • Alma, il linguaggio che hai usato nel libro “Strani Frutti” è molto poetico e, al contempo, ricco di dettagli. È questo il tuo modo di scrivere, il tuo stile, o è piuttosto una ricerca che hai fatta?

E’ IL mio stile, o meglio lo stile che sento più mio. Parte è frutto di una ricerca precisa, influenzata dalla mia esperienza nel teatro. Il linguaggio teatrale, inteso come tecnica, influenza certamente IL mio modo di scrivere, anche perché contiene quello che per me dovrebbe essere l’essenza base Della scrittura: simbolismo, sintesi, emozione. Credo che la spinta a scrivere nasca soprattutto dall’emozione suscitata DA qualcosa, chiamiamola per comodità “ispirazione” o “epiphany” come la definiva James Joyce. Poi certamente c’è la necessità di una ricerca che può aiutare ad affinare la tecnica. Non può però esistere un buon prodotto letterario, di qualsiasi genere, se un autore non riesce ad armonizzare Le due cose. E’ difficile ma necessario: cuore e ragione.

  • Tu parli di scrittura come sensualità nella tua prefazione. in effetti le tue immagini sono ricche di erotismo, ma al contempo di una evidente paura ad esso legata …

Secondo alcuni autorevoli critici, e non solo, gli scrittori si dividono tra “scrittori di pancia” e “scrittori di testa”. Credo di far parte Della prima categoria. La parola ha una forte valenza evocativa, è potente quasi come un’arma. Non è un paradosso, altrimenti non si spiegherebbe come tra i primi perseguitati di molti regimi, ci siano poeti e scrittori. La valenza riguarda certamente anche una certa sensualità, e tutte Le emozioni correlate a questa. Comunque secondo me, l’atto di scrivere, oltre a essere un irrefrenabile istinto di comunicazione, è dettato spesso DA un’inconfessata voglia di sedurre: IL pubblico, l’altro DA sè. Quanto all’erotismo che a volte può trasparire da certi racconti, per quello che MI riguarda a volte non è voluto, e comunque essendo qualcosa che difficilmente può essere circoscritto in una definizione, va bene che rimanga in una dimensione…ambigua. Il dubbio giova sempre alla letteratura, e anche al teatro. Amleto docet.

  • Le tue figure maschili diventano sempre più angoscianti,se possibile, fino ad arrivare alla figura di Vlad l’Impalatore. un uomo che ama molto ma che per amore diventa un mostro …

Le figure maschili dei miei racconti, in questo caso, più che personaggi rappresentano modi di essere, stati d’animo, e sono quasi privi di fisicità, rispetto alle figure femminili. Forse perché le donne, più degli uomini, sono condizionate, prigioniere di un corpo, più che possederlo. E questo indifferentemente dal fatto che siano o no attraenti, o adeguate al ruolo che hanno. Debbono, più degli uomini, giustificare I loro stati d’animo, rispetto al corpo che possiedono. Ma è un discorso lungo. L’escalation dei personaggi maschili può essere definito (ma è solo una possibile interpretazione) in mera rappresentazione Della passione per la vita, come nel primo racconto, che viene frustrata dalla crudeltà cieca di certe regole, dall’ingordigia tracotante e ingenua, come nel racconto “Un bel ragazzo”, fino alla figura finale, ispirata al crudele Principe Vlad Tepès, denominato Dracula (che in realtà vuol dire semplicemente drago, come IL simbolo del suo vessillo), che nella sua furia in battaglia in realtà, più che accanirsi contro IL nemico, lotta contro la sua stessa paura Della morte.

  • Quanto di te c’è nelle donne che racconti, e che descrivi?

Anche non volendo, credo che uno scrittore scriva sempre di sè. Alcuni personaggi li ho incontrati veramente, altri li ho conosciuti DA fatti di cronaca letti dai giornali. Ma anche personaggi apparentemente lontani, estranei alla nostra esistenza, una Volta memorizzati, cominciano a far parte di noi. Si crea una sorta di rapporto di affezione, si trascrivono, e quando finalmente vengono alla luce, ben delineati e vivi, è un pò come aver messo alla luce un figlio. In questo senso, c’è una parte di me in tutti loro: quelli femminili, ma anche quelli maschili, perchè uno scrittore, non ha sesso nè età.

di Chiara Alivernini