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Intervista a Florence Noiville, autrice del romanzo "La donazione"

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Intervista a Florence Noiville, autrice del romanzo "La donazione"

Florence_NoivilleFlorence Noiville è una giornalista francese che ha scritto un romanzo, La donazione, edito dalla Garzanti.
Il romanzo ha come tematica la depressione intesa come vera e propria malattia.

Su di essa si incentra tutta la storia e proprio questo malessere interiore caratterizza le vicende narrate dei personaggi, diventando così una sorta di file rouge che unisce e modifica più anime di un nucleo familiare sostanzialmente sereno. Alle atmosfere desolanti si alternano momenti poetici e commoventi che rendono il romanzo particolare e di elevata qualità.
Ma ascoltiamo cosa ha detto per Eclipse l’autrice stessa in un’intervista telefonica gentilemante rilasciataci.

A conclusione dell’epilogo lei afferma in maniera quasi lapidaria la casualità della vicenda narrata. Tuttavia il libro sembra troppo intenso per essere frutto di pura immaginazione… È una sua qualità di scrittrice o c’è del vissuto tra le righe?
Mi auguro che il mio talento di scrittrice, come lei afferma, possa essere riuscito a trascendere da questo aspetto. In realtà questo libro è composto per un terzo da qualcosa di personale, vissuto da vicino, dalla famiglia e si riconosce purtroppo nell’aspetto della depressione; per un terzo è un collage di racconti e storie che ho ascoltato qua e là ed appuntato e ovviamente fatte mie; l’ultimo terzo invece è caratterizzato dalla ricerca, che è stata attenta e lunga.
Questo tripartizione in uguali misure ha portato alla creazione di un mix equilibrato che però non potesse ricondurre ad una persona in particolare o ad un’unica esperienza soggettiva, condizione che reputo ottimale per scrivere un libro diretto a tutti.

In modo intenso ed emozionante lei riprende l’eterna paura di un figlio di essere rifiutato da un genitore… L’eterno tentativo di catturarne l’attenzione… l’eterna paura di riconoscere in sé i difetti.  È la sua professione di giornalista ad averla sensibilizzata su queste tematiche?
Sì esattamente… e in più volevo andare oltre, considerare in maniera ampia la questione. Non soltanto le problematiche tra generazioni ma proprio la trasmissione culturale da una generazione all’altra e tutto ciò che si può trasmettere e ripetere. In questo libro la bambina ha il terrore che si manifesta quando la mamma ad un certo punto scompare, e si sente in colpa e forse la causa della malattia depressiva della mamma. D’improvviso comprende che la felicità è qualcosa di molto fragile, che radicalmente si passa dall’età della spensieratezza al disastro. La mamma non c’è più, suo padre non è più disponibile… Il libro suggerisce che la malattia della madre possa essere legata a qualcosa che lei ha vissuto a sua volta nella sua gioventù… Con ciò trovavo interessante rendere evidente
che tutto possa essere legato da un filo conduttore, che modella la nostra personalità e influenza il nostro modo di pensare e di agire.

la_donazione_-_Garzanti

La copertina scelta per l’edizione italiana dalla Garzanti è molto significativa: u na donna di spalle che si affaccia alla finestra dei propri ricordi…
Il suo libro è una finestra su una realtà introspettiva, ancorata al passato e cultu ralmente “elitaria”, in cui tutto si stempera nella infinita malinconia del vivere. Condivide questa analisi o c’è dell’altro?

Ho veramente fatto una scelta ponderata quando ho deciso di inserire questa storia in un contesto familiare agiato e di buona cultura… Questa finestra aperta sui ricordi, come dicevi nell a domanda e come è ben rappresentata nella copertina, è in realtà una finestra aperta anche sull a tragedia… nonostante possa ed è una finestra da dove si scorge un bellissimo giardino… quello che collettivamente è identificabile come una strada verso la felicità. Ad esempio ad un cer to punto la nonna lo dice apertamente: “hai tutto per essere felice”… Ma la depressione è un brutto inquilino del proprio animo, una malattia che non risparmia nessuno, in qualsiasi condizione si trovi.

Come pensa possa inserirsi il tema dell’incomunicabilità tra madre e figlia , in un contesto attuale purtroppo caratterizzato da maggiore superficialità ed ignoranza nei rapporti umani?
Credo proprio che sia un problema di vergogna… si prova vergogna nel lasciar traspa rire che ci si trova in questa fase di caduta depressiva. Nella nostra società si parla esclusivamente di persone vincenti, basta sfogliare qualche rivista ed è evidente che il parametro di valutazione utilizzato è volutamente incentrato sul successo e sulla dimostrazione di esso… l’ostentazione… per fare un esempio non c’è alcun problema ad ammettere di essere diabetici, o di essere a dieta per migliorare il proprio fisico per tornare ad essere in forma e vincente, mentre è vergognoso per la persona  puntare i riflettori sulla propria interiorità ferita, come nel caso della depressione.

È il suo primo romanzo, tra l’altro pluripremiato. Ha in mente di proseguire la carriera di scrittrice oppure ha dato forma ad un’esigenza interiore ormai soddisfatta?
Effettivamente questo mio primo romanzo mi ha dato anche la possibilità di ricevere una borsa dal ministro della cultura del Paesi Bassi e questo mi ha dato la possibilità di rimanere qualche mese in tranquillità… e quale occasione migliore per iniziare a scrivere qualcosa di nuovo? E così ho iniziato a scrivere il mio secondo romanzo che tratta a grandi linee di un amore, una relazione amorosa per certi versi proibita dalla società… ma di più non dico!

Il suo Libro si muove su una trama di emozioni, sottili equilibri psicologici e complesse ma delicate armonie sentimentali, eppure in tutto ciò la presenza maschile è marginale.
Reputa assolutamente femminile la capacità di rapportarsi e di vivere i sentimenti in questa maniera?

Ma in realtà non ho scelto di parlare del mondo femminile perché unicamente solo in quello si manifestano problematiche del genere o capacità particolari, probabilmente avrei potuto parlare di un padre e dei problemi delle generazioni maschili. È vero che in questo libro ho scelto di utilizzare le donne come protagoniste e di lasciare la figura dell’uomo in disparte, ma molto è dovuto dalle caratteristiche che il mio personaggio ha. Infatti lui è smarrito difronte alla malattia della moglie, non sa come rispondere, non sa che aiuto dare, e soffre come la figlia e la madre, ma in maniera diversa. È una precisa scelta che ho fatto all’inizio del libro: ho voluto dimostrare come un minuscolo mal funzionamento nel cervello della donna potesse avere delle ripercussioni dirette sulla figlia, ma anche sugli altri e probabilmente sulle generazioni future di quella famiglia. Ad ogni modo la figura maschile sarà molto più presente nel mio secondo romanzo.

Ringraziamo l’autrice Florence Noiville per averci dato un po’ del suo tempo.
Si ringrazia, come sempre, Francesca Rodella per averci permesso la realizzazione dell’intervista

di Svevo Ruggeri