A dieci anni da Training Day Ethan Hawke torna a far coppia con il regista Antoine Fuqua in Brooklyn’s Finest, film di genere in cui le vite pericolosamente in bilico di tre poliziotti del distretto 65 si incrociano a nord di Brooklyn per dar sfogo ai loro personali demoni.
Con Brooklyn’s Finest è tornato al genere poliziesco e ad essere diretto da Antoine Fuqua. Come è stata la preparazione per questo ruolo? Ha avuto la possibilità di confrontarsi con degli agenti di polizia o ha fatto tesoro della sua precedente esperienza in Training Day?
Rispetto a Richard Gere e a Don Cheadle ho avuto dalla mia il grande vantaggio di aver già lavorato con Antoine e di sapere perfettamente cosa cerca da una storia. Nel nostro rapporto non partivamo certo da zero e questo ci ha sicuramente aiutato a lavorare meglio sul set. Il genere poliziesco ti permette di raccontare dei personaggi reali, autentici e dal punto di vista del cineasta è incredibilmente interessante creare un prodotto che possa essere intrattenimento ed approfondimento sociale allo stesso tempo. Quando stavamo lavorando a Training Day tutti pensavano che Antoine fosse un pazzo per la sua intenzione di girare nel cuore dei quartieri più difficili di Los Angeles. Alla fine però hanno apprezzato l’autenticità della storia. Ha lavorato in questo modo anche per Brooklyn’s Finest. Ha i legami, la conoscenza ed il cuore giusto per farlo.
Lei veste spesso sul set la divisa da poliziotto. Cosa la spinge a scegliere una sceneggiatura rispetto ad un’altra? Il suo essere scrittore e sceneggiatore la condiziona in questo?
Quando entri in un film tu puoi essere bravo ed impegnarti quanto i tuoi collaboratori, ma di base ci deve essere una attrazione profonda con il tuo personaggio. Ad esempio, quando ho letto la sceneggiatura di Brooklyn’s Finest mi sono profondamente commosso di fronte a Sal, un uomo che combatte con il suo ego ed il suo orgoglio. A parte questo, molto dipende da chi ti manda una sceneggiatura, se arriva da uno come Antoine so perfettamente che si tratterà di un successo perché crede fermamente in quello che fa.
Due anni fa ha presentato come regista al Festival di Venezia L’amor giovane, tratto dal suo romanzo. Da quel momento ha iniziato una intensa attività creativa. Ha iniziato a scrivere quattro romanzi, è tornato al teatro ed ha ripreso la sua attività di attore al cinema. Passare dietro la macchina da presa è stato un atto rigenerante?
Ho iniziato a recitare quando avevo solamente tredici anni, è naturale che cerchi altri sbocchi creativi per ricaricarmi e trovare nuova energia per il mio lavoro. Dedicandomi alla regia ho scoperto che questa attività da nuova linfa al mio amore per la recitazione. Non so dirvi esattamente perché ma è quello che accade.
Tra i registi che l’hanno diretta ha avuto il merito di lavorare con un maestro come Sidney Lumet in Onora il padre e la madre. Quanto le è servita questa esperienza per sviluppare successivamente i suoi personaggi?
Sidney è un grandissimo cineasta. Lavorare con lui è stata veramente una esperienza unica nel suo genere. Il suo modo di lavorare è decisamente diverso da quello di altri registi. Ti impone delle prove estenuanti prima dell’inizio delle riprese, ma quando si arriva sul set le esplorazioni emotive sono state già portate a termine ed il film è già composto. Per questo motivo riesce a girare velocemente. Probabilmente si tratta di una “vecchia” scuola rispetto a quella seguita da registi più giovani, abituati ad avere molto materiale girato e a comporre il film in fase di montaggio.
Grazie a Before Sunrise e Before Sunset abbiamo scoperto il volto romantico di Ethan Hawke. Cosa hanno significato per lei questi due film? E’ previsto un terzo capitolo?
Quei film sono davvero speciali per me. Ho avuto l’occasione di fare un esperimento ed una esperienza particolare. Sono stato anche co-sceneggiatore ed è entusiasmante creare un progetto artistico che sia sperimentale e che riesca a funzionare nel migliore dei modi. Per quanto riguarda Before Sunset lo abbiamo realizzato tutto in tempo reale con un giusto tocco di improvvisazione. Si, sono assolutamente speciali per me e mi piace pensare che lo siano anche per altri. Sarei sorpreso se non facessimo un terzo episodio. Ancora non so dire dove e quando, ma abbiamo delle idee. Il vero problema è non deludere le aspettative del pubblico.
Ultimamente è stato travolto dalla passione per il teatro. In che modo il suo lavoro sul palcoscenico si differenzia da quello fatto per il cinema?
Non c’è nessun confronto tra i due modi di lavorare. Il tetro è incredibilmente più difficile. Devi truccarti da solo, arrivare sempre in tempo e non sei sempre illuminato in modo perfetto per camuffare le lacune della tua recitazione. E’ un allenamento intenso e credo che questo mi renda un attore migliore.
di Tiziana Morganti