Un jidaigeki sulla vendetta, il sacrificio e la giustizia firmato Takashi
In Concorso alla 67 edizione del Festival, 13 Assassins di Miike Takashi conquista il plauso di pubblico e critica.
Nel Giappone feudale Naritsugu (Goro Inagaki), fratello sanguinario senza scrupoli né morale dello shogun, turba la pace del suo Paese commettendo inauditi e ingiustificati atti di violenza senza mostrare rimorso alcuno, disseminando terrore e orrore tra la gente.
Doi (Mikijiro Hira), l’alto ufficiale dello shogun, ingaggia segretamente il samurai Shinzaemon Shimada (Koji Yakusho) per eliminare il temibile erede al trono. Turbato dalle indicibili crudeltà commesse dallo spietato Naritsugu, Shinzaemon accetta l’incarico e recluta 11 abili samurai, tra cui il nipote Shinrokuro (Takayuki Yamada), e il selvaggio Koyata (Yusuke Iseya), pronti a sacrificare la vita per la giusta causa. Dopo un periodo di intensa preparazione, il gruppo di nobili guerrieri è pronto a sferrare l’attacco al feudatario sulla via del ritorno a Edo, in un piccolo villaggio trasformato in una trappola letale. Ad attendere i 13 samurai c’è un ‘esercito dalla superiorità numerica schiacciante guidato da Hanbei (Masachika Ichimura), nemico giurato di Shinzaemon. I 13 dovranno impegnarsi in una battaglia epica, dando prova di grande coraggio e devozione.
13 Assassins di Takashi è ispirato all’omonimo film di Eichi Kudo del ’63 che a sua volta riprende, nello spirito e nella struttura narrativa, il capolavoro di Akira Kurosawa, I sette samurai. L’incipit di 13 Assassins – l’harakiri di un samurai per protesta contro lo spietato feudatario – racchiude, in un’immagine drammatica ed eloquente, la devozione con cui i nobili combattenti sposano una causa a cui sacrificano la vita stessa. Fino allo scontro finale, il film segue un ritmo lento attraverso cui lo spettatore ha il tempo necessario per comprendere e abbracciare la decisione di Shinzaemon. La meticolosa operazione di ricerca e formazione del gruppo è un momento cruciale al quale il regista si dedica con grande zelo, rispettando i suoi predecessori. Quando finalmente le due fazioni si affrontano, i movimenti di macchina si fanno veloci e scalpitanti, il montaggio accelera il ritmo e la concitazione della battaglia si fa incalzante. Il film rallenta quando Shinzaemon e Hanbei – simboli, rispettivamente, della difesa assennata della giustizia e di quella aprioristica del samurai fedele al suo padrone – si destreggiano in un duello titanico con le spade
Takashi – omaggiato nel Fuori Concorso con la proiezione di Zebraman e Zebraman 2 – non è immune all’innegabile fascino esercitato dalla figura del samurai e del suo codice d’onore e, in questo remake fedele alla tradizione, mescola con sentimento un concentrato di amore per la lotta, per le spade e per la giustizia degno della migliore produzione cinematografica di genere.
di Francesca Vantaggiato