Il regista Saverio Costanzo porta sul grande schermo la sopravvaluta opera prima di Paolo Giordano
Il cineasta indipendente Saverio Costanzo approda sul lido con La solitudine dei numeri primi, adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo d’esordio scritto dal fisico Paolo Giordano e vincitore del Premio Strega nel 2008.
Alice (Alba Rohrwacher) e Mattia (Luca Marinelli) condividono la stessa solitudine, sono due numeri primi gemelli destinati a non sfiorarsi mai, sono due eroi tragici appartenenti a un contesto famigliare difficile e doloroso accomunati da un drammatico passato. Alice ha problemi d’anoressia e ha un difetto alla gamba a causa di un brutto incidente con gli scii, Mattia è un autolesionista introverso segnato dalla scomparsa della gemella Michela. I due ragazzi si incontrano nei corridoi della scuola durante e immediatamente scorgono l’uno nell’altro la stessa sofferenza. Uniti da un indissolubile legame, Alice e Mattia restano vicini fino al giorno del matrimonio di Viola (Aurora Ruffino) – primo vero affetto di Alice sfociato in un’amicizia finita male – momento in cui finalmente Mattia confida ad Alice il nefasto giorno della scomparsa di Michela. Divisi dal matrimonio di Alice con Fabio e dal lavoro in Germania di Mattia, i due si incontrano dopo 7 anni per fare i conti con il loro passato e i sentimenti mai confessati.
Il film di Costanzo ‘tradisce’ la storia di Giordano nella scelta di alcuni differenti punti di svolta e in alcuni sentieri evolutivi dei personaggi, dando prova di una buona capacità visionaria nell’indirizzare la parola scritta verso la funzionalità dell’immagine. Saverio si muove con disinvoltura e meticolosità nella lavorazione filmica, gioca col tempo andando avanti e indietro nella storia senza mai smarrirsi o perdere l’attenzione del pubblico. Il dramma è incentrato sulle emozioni di Alice e Matteo, spesso catturati in primi piani profondi che scavano nell’intimo dei personaggi per trarne la massima interpretazione. Alba Rohrwacher – che dopo Sorelle Mai di Bellocchio è alla sua seconda apparizione in questa edizione del Festival – sfodera una convincente recitazione e un impegnativo lavoro sul corpo (ha dovuto perdere 20 chili per interpretare Alice) che lasciano trasparire una promettente capacità introspettiva. Fanno da sfondo ai turbamenti psichici dei protagonisti due famiglie difficili, assenti e incapaci di comprensione. L’influenza dei genitori (appare una inquieta Isabella Rossellini nei panni di Adele) entra nello schermo con battute brevi ma decisive ed è supportata da una delicata ed elaborata costruzione delle immagini: nei momenti critici vissuti da Mattia e Alice, i genitori appaiono distanti, restano quasi esclusi dallo schermo riempito invece dai corpi dei sofferenti protagonisti.
Eppure, i laboriosi movimenti di macchina sui corpi silenziosi ed espressivi voluti da Costanzo non bastano a colmare le lacune emotive contenute nel romanzo. La sceneggiatura, scritta a quattro mani da Giordano e Costanzo, non sostiene le potenzialità registiche di Saverio, che rischiano pertanto di trasudare aridità stilistica: la storia genera nel lettore/spettatore un vuoto glaciale, i personaggi non conquistano mai e la fredda atmosfera non trova alcuna giustificazione nella contestualizzazione delle vicende.
Anche se la critica ha accolto con comprensibile freddezza e diffidenza l’atteso film italiano ispirato al sopravvalutato romanzo di Giordano, sicuramente sentiremo ancora parlare di Saverio Costanzo-regista.
di Francesca Vantaggiato
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