L’anima “assassina” dell’America nel controverso spettacolare film di Scott Cooper, con un maestoso Christian Bale
A entrambe hanno tolto qualcosa, entrambe viaggeranno in una personale “guerra di confine”.
A lei, madre premurosa e matrona splendente nelle waste lands del Nuovo Messico del 1892, un gruppo di Comanche stermina la famiglia sul ciglio del promontorio, bruciando quasi ogni riserva tangibile di umanità. A lui, un veterano della guerra contro gli indiani, capitano coraggioso abituato a sterminare a sua volta, deportali, imprigionarli, la vita del fortino infoltisce la barba e la cinica sopportazione delle regole semplici e insensate della vita, finché direttamente da Washington non gli ordinano di scortare il detenuto Falco Giallo, ex capo Cheyenne ormai in punto di morte, nei suoi territori natii. Anime riluttanti nella devastazione. Anime nel “passaggio cieco”. Hostiles, in concorso alla Festa del Cinema di Roma 2017.
Scott Cooper, giovane attore e soprattutto regista, torna alla sua aspra America e ai suoi colori desertici, nitidi, scostanti, ai simbolismi contraddittori della “frontiera” e dei suoi figli disadattati. Un luogo e insieme NonLuogo, quello abitato dalle storie di Cooper, fatto di montagne e di non detti, di delitti di sangue e di brutalità illimitata, ma contemporaneamente di strani altrettanto delittuosi sentieri di redenzione, attraversato già in due insospettati gioielli quali Crazy heart (2009) e Il fuoco della vendetta (Out of the furnace – 2012, presentato e premiato dalla TaoDue all’allora denominato Festival del Cinema di Roma nel 2013). Stringe tra carrelli e primi piani il volto segnato del suo attore ormai feticcio, Christian Bale, ancora “uomo senza sonno” anch’egli imprigionato, nella routine del soldato di frontiera, spinto soltanto da rantoli di vendetta e dall’amore sepolto con i suoi compagni di battaglia e di dolore.
Quando il capitano “die hard” parte per la sua missione, si ritrova a confrontarsi con la perdita e insieme con il riscatto in ogni sua forma. L’odio civile, l’inutilità delle violenze sugli indiani, il passato costruito da assassinii e desideri infranti, lo scontro con i Comanche, le impensabili ma inevitabili affinità con l’“altro”, l’indiano come la donna, entrambi fieri e leali combattenti. Se da un lato Cooper risfoderando la magia dei suoi campi lunghi e l’arroganza magnetica e lacerante delle sue scene d’azione, lasciando spazio a dialoghi talvolta deliberatamente retorici, seppellisce pragmatico l’ascia del razzismo con una sorta di nuovo western che riunisce i suoi protagonisti in una faticosa cooperazione ad una quasi implausibile sopravvivenza. Dall’altro scherma quegli stessi protagonisti in una bidimensionalità carismatica quanto inappellabile, abbandonando i Comanche ad un ritratto impietoso e Bale ad un carattere rigido seppure imponente.
Senza dubbio una storia americana, controversa quanto i propri soggetti, le proprie terre, le proprie guerre. Uomini e cavalli, in un lungo “passaggio cieco”.
CAST
Regia Scott Cooper
Con Christian Bale, Rosamund Pike, Peter Mullan, Ben Foster, Jesse Plemons, Stephen Lang, Paul Anderson, Q’Orianka Kilcher, Rory Cochrane, Timothée Chalamet, Scott Wilson, Tanaya Beatty, Adam Beach, Wes Studi, Bill Camp
Sceneggiatura Scott Cooper, Donald Stewart
Fotografia Masanobu Takayanagi
Montaggio Tom Cross
Musiche Max Richter
Distribuzione Notorius
Durata 127’