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Fanny Ardant e l’utopia di un mondo migliore

Fanny_ArdantL’attrice presenta il documentario Chimeres Absentes dedicato al mondo dei Rom

“La cultura è qualche cosa di inafferrabile capace di entrare nella nostra anima,  di indurci  a pensare e a far crescere la fede nelle cose e nelle parole.

Un paese privo di cultura non è altro che un luogo popolato da pecore e da morti. Anche il cinema è parte di questo ed è perfettamente in grado di dire la sua su molti argomenti. In fondo  la base della democrazia  è proprio la dialettica. C’è posto per tutti, per il confronto. È così  che si avanza. Credo fermamente nella forza del cinema, della musica, dell’arte e dei romanzi per cambiare la faccia del mondo “ Con  voce calda e contenuta l’ultima musa ispiratrice di Francois Truffaut, la seducente  Signora della porta accanto che ha popolato l’immaginario di una intera generazione di  sofisticati romantici, conquista il palcoscenico del Festival Internazionale di Roma. Fanny Ardant, per l’occasione regista del  cortometraggio Chimeres Absentes dedicato all’abbattimento di pregiudizi etnici che interessano la comunità Rom, si conferma sostenitrice di una società  in cui l’intelletto, la curiosità ed il sapere sono le basi su cui erigere la libertà di un intero paese. Sull’onda di questa convinzione l’attrice francese ha accettato con entusiasmo di prestare la propria sensibilità al progetto sostenuto da Art for the World, l’Ong associata al dipartimento di Pubblica Informazione delle Nazioni Unite, che ha invitato 11 protagonisti del mondo del cinema a raccontare in 12 minuti una realtà di emarginazione  sociale. “Quando mi hanno chiesto di partecipare a questo progetto sulla tolleranza ho pensato immediatamente al mondo Rom – spiega Madam – D’altronde si filma solamente ciò che si ama ed  io nutro un grande amore per il loro universo libero e misterioso. Loro sono il filo rosso che percorre tutta l’Europa.” Girato durante il mese di aprile a Formello alle porte di Roma, il cortometraggio racconta la storia della piccola Sonetchka  che, bandita dalla mensa scolastica a causa dell’indigenza della sua famiglia, subisce una profonda discriminazione umana. A colmare questa mancanza di accoglienza sarà solo la maestra  Malvina, che abbandonerà il mondo istituzionalizzato per abbracciare una felicità nomade. “La nostra civiltà consumistica ha reso la gente paurosa di perdere qualunque cosa,  invece quando non hai niente sei un principe. Le persone veramente  libere sono quelle che non hanno paura – continua la Ardant – Ho voluto raccontare questa storia come un canto d’amore all’uomo.  Avrei potuto entrare con la macchina da presa  e filmare le cose della realtà, ma ho preferito mettere in scena l’utopia, un sogno che non esiste.  Infondo il mondo può muoversi solo per un grande sogno.” Per finire un ricordo di Truffaut, compagno  di vita e grande mentore artistico, riconduce nuovamente al grande cinema. “La marca di un grande regista è l’entusiasmo, la passione per la sua arte e l’energia che vi dedica. Francois non ha mai perso nemmeno un minuto del grande privilegio di essere sul set  magnificando ogni singola immagine.

 

di Tiziana Morganti

Svevo Ruggeri
Svevo Ruggeri
Direttore, Editore e Proprietario di Eclipse Magazine