Martin Scorsese torna alle origini con i suoi Bravi Ragazzi anni ‘20
Era il 1919 quando l’America tradizionalista e repubblicana faceva entrare un intero paese nell’era del proibizionismo.
Le così dette società di temperanza ed i vari gruppi religiosi non considerarono, però, che la messa al bando dell’alcol avrebbe ben presto incrementato la vendita illegale dell’oro liquido, dando alla criminalità organizzata una nuova e più redditizia forma di guadagno. In questa prospettiva storica si inserisce la vicenda di
Boardwalk Empire, nuova serie televisiva della
HBO prodotta da
Martin Scorsese ed ideata da
Terence Winter già creatore de
I Soprano. Dopo aver conquistato il pubblico americano tanto da confermare la seconda stagione dopo la messa in onda della prima puntata, gli echi delle vicende di Nucky Thompson, politico corrotto di Atlantic City interpretato da un irresistibile
Steve Buscemi, hanno raggiunto anche il
Festival Internazionale del Film di Roma. Mentre
Sky Movie si appresta a mandarlo in onda, l’episodio pilota guadagna gli onori del grande schermo e non potrebbe essere altrimenti, visto che dietro la macchina da presa si nasconde niente meno che lo stesso Scorsese. Una presenza che non solamente attribuisce un tocco di “regalità” cinematografica all’intero progetto ma che impone un imprinting inequivocabile. Tratta dal romanzo
Boardwalk Empire: The Birth, High Times, and Corruption of Atlantic City di
Nelson Johnson, questa nuova saga del crimine porta chiara la firma stilistica dei
Good Fellas trent’anni prima che, in un sottile ed elegante gioco di autocitazione, ben si fonde con il nuovo panorama mafioso costruito da Winter. Nel portare sullo schermo il rapporto tra Thompson ed il giovane Jimmy (
Michael Pitt), desideroso di ottenere presto e subito i successi ed il rispetto dei gangster più temuti, la coppia Winter/Scorsere tratteggia uno sfondo sul quale si muovono armoniosamente figure secondarie del calibro di Lucky Luciano e di un giovanissimo Al Capone. Un gioco vorticoso di luci, casinò e scommesse grazie al quale valicare la linea sottile tra lecito ed illecito torna ad essere una grande emozione cinematografica.
di Tiziana Morganti
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