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Romacinemafest 2011: Dalla collina dei papaveri…

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Romacinemafest 2011: Dalla collina dei papaveri…

… Al Giappone con amore

Dopo aver diretto I racconti di terramare, presentato al Festival di Venezia nel 2006, Goro Miyazaki è tornato alla realizzazione di un secondo lungometraggio animato capace di riproporre, anche se non completamente, la poetica che contraddistingue da sempre lo stile del padre Hayao. Dalla collina dei papaveri, già applaudito al Toronto Film Festival ed ora accolto dalla sezione Alice nella città, abbandona le ambientazioni fantastiche di un esordio poco fortunato per lasciarsi conquistare da un delicato amore giovanile che, attraverso la struttura classica dell’intreccio romantico, introduce il pubblico nel cuore di un paese in rinascita dopo la distruzione detonante della bomba atomica. Ambientata nel 1963 ad un anno dalle Olimpiade di Tokyo, la vicenda che unisce la giovane Umi, figlia di un capitano mercantile scomparso durante la guerra in Crimea, e Shun, caporedattore del giornale scolastico con un intricato passato famigliare alla spalle, prende spunto da una serie manga giapponese apparsa introno agli anni ottanta sul mensile per ragazze Nakayoshi. A caratterizzare la storia originale è un certo spirito rivoluzionario probabilmente sviluppato dall’autore durante gli anni della contestazione giovanile ma che, filtrato dal linguaggio pittorico dello studio Ghibli, lascia spazio ad un ritratto sentimentale dietro il quale si cela un invito alla rinascita per le giovani generazioni di un Giappone momentaneamente sconfitto dagli eventi naturali. Così al di là di un intreccio efficace nella sua semplicità e di una realizzazione tecnica più matura rispetto a I racconti di Terramare, il film porta chiaramente la firma di Miyazaki padre che, dilettatosi nella scrittura della sceneggiatura, ad una direzione ancora in parte manchevole di sensibilità lirica sopperisce con un substrato riconoscibile e riconducibile alla sua cinematografia. Partendo dalla forza naturale del mare che in un costante movimento di flussi all’uomo toglie e restituisce in ugual misura, Hayao tratteggia il ritratto di un paese sempre in bilico tra passato e futuro, pericolosamente propenso a far sopperire il primo nel nome di un progresso a tutti i costi. Seguendo questo filo narrativo, la collina dei papaveri, con la solida vivacità di una casa matriarcale, rappresenta uno degli ultimi baluardi da contrapporre all’incessante cambiamento di una città che, sottoposta ad una spinta urbanistica sempre più costante, è disposta a rinunciare ad una tradizione ferita nel nome di una futuribilità efficiente ma priva di significato. A ristabilire l’equilibrio tra i due poli sono, ancora una volta, le nuove generazioni che, da un quartier generale strutturato e costruito come un castello non errante ma culturalmente mobile, scoprono la valenza delle proprio origini sulle quali poter costruire l’unico domani plausibile.

di Tiziana Morganti