Dalla Nuova Zelanda un crime comico
Alla nona edizione del Roma Fiction Fest arriva un crime che unisce comicità, western, polizieschi e un po’ di musical (centrali le musiche): Westside, dei registi James Griffin e Rachel Lang. Prequel di produzione neozelandese di Outrageous Fortune è la storia dell’uscita dal carcere di Ted West, che ritrova la moglie Rita dopo tre anni. Rincontra però anche i vecchi compagni con cui compì l’ultima scorribanda che lo condusse in prigione. Convinto di essere stato tradito da uno di loro, sembra volersi separare dal gruppo ed indagare per scoprire chi sia stato. Per lui sarebbe il peggiore degli oltraggi poiché la sua regola di vita è non parlare mai. L’illusione, viceversa, che si sia ravveduto e che l’esperienza nel penitenziario abbia sortito il suo effetto svanisce ben presto. Alla prima occasione ricade nella trappola di quello che per lui è il colpo del secolo: un’altra rapina. Sebbene quelli come lui sembrino ladri in stivali, quasi con pistole giocattolo perché non appaiono mai veramente pericolosi. Sono più che altro abili conversatori a doppio senso, ambigui che lasciano intendere dietro finte innocenti metafore. Divertenti e buffi i loro controsensi: riescono a ingannare i poliziotti che scherniscono, si permettono ville lussuose, ma Rita West porta al dito una fede che è un anello non d’oro. Allora parrebbe una parodia del crimine, quasi fossero Robin Hood in calzamaglia. Certo qualche risata viene regalata. E se ci fossero state delle parti cantate sarebbe stato un ottimo musical. Invece a ben vedere hanno una dignità, un senso del rispetto, dell’amicizia, dell’unione, di appartenenza al gruppo in cui si riconoscono (la gang o la famiglia), encomiabili; anche delinquenti come loro, i cosiddetti cattivi, hanno un animo buono e dei sentimenti. Conoscono la fedeltà e, a loro modo, pagano sempre i loro debiti e sono pronti comunque a sdebitarsi e ripagare con la stessa moneta, almeno chi è dalla loro parte.: Westside, dal lato dei West potremmo dire. Il loro punto di vista serve a mostrare i problemi di una società vittima della microcriminalità, della droga e dell’alcool, facendolo senza spargimento di sangue o morti. Anzi sembrano nuovi giustizieri a propria difesa pronti a ribaltare le situazioni a loro favore. D’altronde essere una famiglia è anche questo: stare vicini a chi è in difficoltà, nel bene e nel male, così come fa un marito o una moglie col proprio partner o coniuge o come si fa tra buoni amici. Forse lasciare questo messaggio tramite dei ‘gangster’ è per rendere tutto meno retorico, meno stereotipato, dividendo in categorie nette di cattivi e buoni, generalizzando in una scissione troppo semplicistica; mostrando, viceversa, l’universalità dei sentimenti che c’è in tutti. Si può essere tanto avidi ed ambiziosi da volere beni materiali sempre più consistenti e maggiore ricchezza, coi cambiamenti economici e sociali avvenuti in Nuova Zelanda fra il 1974 e il 1979. La nascita di una nuova classe sociale può portare ad essere disposti anche a rubare per avere beni di valore. Non si possono comprare, però, gli affetti, ovvero ciò che ci rende tutti uguali, e senza di essi non potrebbe neppure esserci ricchezza materiale o non se ne godrebbe alla stessa maniera se non condivisa. Come una marachella, molto fraterna, tra vecchi compagni o amici di infanzia.
di Barbara Conti