La “sorpresa” della terza giornata del festival
Nella serata delle anteprime mondiali ha debuttato, al Roma Fiction Fest, una serie che non arriverà negli Stati Uniti prima del 2015: stiamo parlando di American Crime, nuova opera del regista John Ridley (sceneggiatore di 12 Anni Schiavo).
Delle serie scritte da Ridley per la tv, qui in Italia, ricordiamo soprattutto Willy, Il Principe di Bel-Air ma, questa volta, dobbiamo dimenticare i toni della commedia: American Crime è una serie drammatica che racconta di un crimine che sconvolge l’intera comunità di Modesto, una cittadina della California. I protagonisti sono Barb e Russ, due ex coniugi che rientrano in contatto in un momento terribile: quello dell’omicidio del loro figlio primogenito, ucciso in casa insieme alla moglie. La storia verrà presto collegata a quella di un ragazzo ispanico e a quella di una coppia mista che vive per strada e, l’omicidio, diventerà un pretesto per “mettere a nudo” le tensioni razziali dell’intera comunità.
L’intento di Ridley è chiaro: portare sul piccolo schermo i contrasti sociali ed etnici dell’America di oggi. Ammirevole anche da parte di ABC, canale con un pubblico estremamente fidelizzato, voler acquistare una serie di questa caratura che, tra i tanti punti di forza, può contare su due interpreti magistrali: Felicity Huffman (Desperate Housewives) e Timothy Hutton (Leverage). Purtroppo, la pur eccellente confezione, non basta a garantire ad American Crime una “lunga vita” sul piccolo schermo: l‘intricata struttura delle vicende si presta più al linguaggio cinematografico che non a quello seriale, a meno che non venga concepita come una riduzione, in poche puntate, per il piccolo schermo (che non sembra però negli obiettivi di Ridley).
Già a partire dal pilot, è difficile prevedere come si evolveranno le vicende e per quanto tempo, una storia come questa, possa tenere il pubblico di ABC incollato allo schermo. Bisognerà attendere un anno per sondare le reazioni degli spettatori.
di Lucia Gerbino