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The american. L'americano che visse (e morì) a Sulmona

The-AmericanDelude, e a tratti annoia, l’adattamento cinematografico del romanzo di Booth

Quando la stampa internazionale ha confermato l’uscita di The American, i fan dei Depeche Mode, così come quelli del loro regista “ufficiale” di videoclip, Anton Corbijn, nonché tutti gli estimatori di George Clooney (e, perché no, quelli che, come la sottoscritta, li amano tutti e tre indistintamente) hanno scommesso che questo sarebbe stato il film più promettente dell’anno.

Vuoi per l’elevata aspettativa, vuoi per il miscellaneo cast italoamericano che affolla le prime file del film, vuoi per fotografia e ambientazioni accuratamente selezionate da uno dei più grandi registi di videoclip musicali esistenti, vuoi per tutte queste motivazioni, all’arrivo in sala, e dopo lo spegnersi delle luci, i titoli di testa hanno fatto presagire allo spettatore qualcosa di buono, di valore, finalmente un film nuovo.

Ma più il tempo passa, più i conti non tornano: se le ambientazioni algide, dai toni freddi tendenti al blu, ci ricordano che dietro la macchina da presa c’è Anton Corbijn, qualcosa sembra non funzionare, qualcosa che fa girare un ingranaggio così imponente nel modo sbagliato: puntando principalmente sulla regia e sulla fotografia, Corbijn ha evidentemente dimenticato un elemento fondamentale, alla base di ogni film che si rispetti (ermetico o lapalissiano che sia): la sceneggiatura. Senza uno script solido, infatti, i personaggi rischiano di perdere forma ed utilità dopo pochi istanti, vanificando addirittura lo sforzo di una fotografia realistica e cupa come quella di The American e rendendo la fruizione stessa del film difficile da digerire, complicata, a tratti noiosa, troppo poco priva di colpi di scena (nonostante si tratti di un action movie) e con un cast estremamente al di sotto delle proprie potenzialità.

È un peccato che un film così promettente sulla carta rischi di trasformarsi in uno dei più deludenti flop della prossima stagione. Il vero dispiacere, però, è che dal regista di un capolavoro come Control ci si sarebbe aspettati di più. Molto di più.

 

di Luna Saracino

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