Quando la graphic novel diventa un film votato al puro intrattenimento e al citazionismo fine a se stesso
Ispirato alla popolare graphic novel coreana di Min-Woo Hyung, il 3D di Scott Stewart strizza l’occhio a generi diversi per comporre un quadro scenico spettacolare negli espedienti visivi ma incerto nell’originalità della rielaborazione creativa.
Con una introduzione animata firmata Genndy Tartakovsky viene presentata l’antica lotta tra vampiri ed esseri umani, a cui la Chiesa ha posto rimedio addestrando un gruppo scelto di Sacerdoti. L’esercito di Dio combatte cruentamente le mostruose creature della notte fino a debellarle e a confinarle in apposite riserve. All’alba della vittoria sulle forze del male, il trattamento riservato dalla Chiesa ai Sacerdoti ninja non è dei migliori: pieni di sensi di colpa e privati ormai della loro ragion d’essere, sono costretti a un reinserimento forzato ripiegando nelle attività più umili e ai margini della società. Il mondo viene posto sotto il dominio della Chiesa che, nel corso dei secoli, garantisce e tutela la sicurezza pubblica. La tranquillità viene minata da un nuovo attacco dei vampiri che, rapendo Lucy (Lily Collins), mirano a stanare il Sacerdote (Paul Bettany) più valoroso a servizio della Chiesa. Dinanzi al diniego di una casta ecclesiastica corrotta e intenzionata a convincere il popolo di avere il controllo della situazione, il Sacerdote/Bettany parte da scomunicato per affrontare i nemici secolari.
Dopo l’action fantascientifico a sfondo religioso Legion, la coppia Stewart-Bettany torna a muoversi nello stesso spazio dando origine a uno steampunk tutto sbilanciato sulla riuscita spettacolare delle immagini e poco propenso a escogitare un linguaggio visivo innovativo e potente. La società post-apocalittica da cui la storia prende le mosse rimanda la mente alle atmosfere cupe, raggelanti e controllate di 1984, sostituendo i centri del comando orwelliani con un consiglio ecclesiastico accentratore e interessato più alla conservazione del potere che alla salvezza delle anime.
Priest si mantiene fedele all’atmosfera western evocata nel fumetto ma si costruisce calcando i solchi tracciati ora dal nostrano Sergio Leone, ora da Ridley Scott. E infatti, che si tratti degli scenari desertici in cui si consumano gli scontri, della costruzione dei duelli mozzafiato (primo su tutti lo scontro finale tra il Sacerdote/Bettany e Black Hat/Karl Urban – ex Sacerdote passato dall’altra parte del potere) o della caratterizzazione postmoderna della metropoli, il cinema di Stewart ci arriva come un’operazione in puro stile manierista che molto assorbe dai modelli di riferimento e poco aggiunge. Combattimenti acrobatici, ralenti enfatizzanti, armi adattate ai simboli religiosi (gli shuriken a forma di croce), creature mostruose ben fatte seppur conformi all’immaginario, contrasti fotografici luce/ombra (accuratamente eseguiti da Don Burgess) ricalcanti la tracce narrative, sono trovate estetiche di discreto intrattenimento ma che, infine, lasciano trasparire il ricorso a un sistema fine a se stesso privo di una sintesi troppo pensata. Dal canto suo, il 3D non costituisce un apporto essenziale e irrinunciabile alla storia che, seguendo le già ampiamente esplorate dinamiche morali, risulta essere una trita contrapposizione tra senso di giustizia e potere corrotto.
di Francesca Vantaggiato