Nel cast Elena Sofia Ricci e Paolo Sassanelli. Opera seconda della regista tratta da storie vere. Nelle sale dal 25 giugno prossimo
Una storia d’amore, che non racconta la disabilità ma una diversa abilità. La vicenda di un ragazzo diversamente abile appunto, privo di braccia, che trova il modo di avere una vita normale. Ispirata a una storia vera, si punta sulla solidarietà, sull’amicizia, sulla fratellanza e sull’uguaglianza. Già dai caratteri e dal cromatismo del titolo: sitratta di “Noi siamo Francesco”, opera seconda (la prima era stata il lungometraggio del 2008 Quell’estate) di Guendalina Zampagni. E infatti noi e Francesco sono scritti allo stesso modo, a dimostrare che non c’è differenza tra il protagonista e i suoi amici. Mentre siamo è scritto in rosso, il colore dell’affetto e dell’amore, del cuore, che rimanda al senso vero dell’esistenza, al momento in cui si prende veramente consapevolezza di chi si è, di chi siamo, e si inizia sul serio ad essere realmente, profondamente e intensamente senza limiti, vincoli, censure, blocchi emotivi o psicologici, impedimenti o divieti, senza precludersi nulla né restringersi il campo di vissuti emozionali e di esperienze condivise. Vivendo davvero e veramente. Per una vita non più in solitudine, rinchiuso in una stanza o nelle pareti di casa, ma fuori circondato dall’affetto di chi gli vuole bene. Per un arricchimento reciproco e una crescita che è mentale e culturale. Spazzare via ogni pregiudizio, perché la diversità arricchisce, è formativa, come ogni difficoltà della vita e ogni esperienza. In questo esplicito il sottotitolo: “gli amici che tutti vorrebbero”. Emblematico il ruolo dell’amico di Francesco (Mauro Racanati), Stefano (interpretato da Gabriele Granito), che a suo modo cerca di spronare l’altro a non auto-commiserarsi, ma a reagire per avere una vita il più possibile simile agli altri. Ed ogniqualvolta si sente dire “io non sono come te”, lui risponde dicendogli che è esattamente il contrario: in amore tutti hanno paura di fare il primo passo od essere feriti, ma non per questo occorre rinunciare. In questo i due ragazzi e le ragazze di cui si innamorano (rispettivamente Sofia, alias Gelsomina Pascucci, e Maddy, ovvero Diletta Acquaviva), capiranno di essere tutti speciali, o meglio come dicono loro “mondiali originali”. Ne nasce un’unione sincera sul set, che è avvenuta anche nel cast. Alcuni avevano, poi, già lavorato insieme. Ad esempio Gabriele Granito nel 2012 era entrato a far parte della compagnia di repertorio REP presieduta da Paolo Sassanelli, di cui c’è una partecipazione straordinaria nel film. Sarà colui che supporterà nei momenti più difficili Grazia, la madre di Francesco, di cui veste i panni Elena Sofia Ricci. Quello che stupisce è il tono delicato, dolce, intimo e umano con cui si tratta il particolare argomento della difficoltà di questo ragazzo di vivere la propria sessualità, sebbene quest’ultima non sia la sola questione preponderante affrontata. Pochi tratti sono sufficienti a fornire una visione oggettiva senza retorica né pietismo o falso perbenismo, né tanto meno vi sono un moralismo sterile, superficiale e di circostanza. Bastano poche citazioni giuste ad esprimere chiaramente i concetti: ad esempio l’assioma di Galileo Galilei “misura ciò che è misurabile. E rendi musicabile ciò che non lo è”, cioè l’invito ad approcciare anche questioni scomode, problemi che sembrano insormontabili, semplificando e scindendole in concetti più facili, da affrontare con la naturalezza, la disinvoltura, l’istintività e la spontaneità insita nella natura umana e in ogni questione che con essa abbia a che fare. Senza estremizzarne i termini, esagerandone o ingigantendone a dismisura e in maniera non necessaria l’essenza. Come fa la regista con l’argomento che intende portare avanti. Anche quando poi, si ammette, tutto facile non lo è sempre. La realtà dei fatti è semplice: come dice Spinoza “l’uomo è una creatura di Dio e per questo siamo tutti uguali, nessuna è superiore a un’altra e ognuno ha diritto alla libertà; nessuno può togliercela, a partire dalla democrazia alla sessualità”.
E per avere questo non si dovrebbe avere bisogno di pagare, dovrebbero essere concesse spontaneamente e gratuitamente, col sentimento e non per i soldi. Ma nella società contemporanea si pensa di poter comperare tutto. L’atto di accusa forse più forte di tutto il film, in un monologo centrale tra Grazia e Francesco. L’errore generoso di una madre che vorrebbe regalare tutto al figlio, proteggerlo, apprensiva ma anche protettiva ed affettuosa, pronta a rinunciare a tutto per lui. La dolcezza, quasi commovente, che fa piangere anche i protagonisti per la sua profondità nella sua immediatezza e lucida chiarezza di verità assoluta; una storia che intenerisce i cuori e ha la stessa empatia dell’entusiasmo che dimostra la cagnolina di Sofia verso la sua padroncina. Un bellissimo setter maculato bianco e nero che le fa le feste, agitandosi quando lei suona e canta e le abbaia e le ulula dietro. A dimostrazione di tipi di legami autentici indissolubili e veri. La cagnolina segue la sua melodia (d’amore verrebbe da dire), come Francesco sarà in grado di riconoscere in lei un sentimento genuino e spontaneo. E forse non è un caso se il protagonista Mauro Racanati ha preso parte anche al film di Ricky Tognazzi La freccia del Sud-Mennea, colui che ha lanciato la sfida ad ogni limite di velocità nella corsa, siglando record importanti, così come Francesco lotta per il superamento di ogni barriera anche e soprattutto fisica.
La forza della trama del film è anche la volontà di trattare elementi ed argomenti controtendenza, tabù e provocatori, che non molti hanno il coraggio di affrontare: un tipo di amore diverso, ottenuto dopo una battaglia contro le difficoltà oggettive; la capacità di una madre di annullarsi per il figlio diversamente abile e di una giovane ragazza attraente di legarsi a un ragazzo privo di braccia, dimostrando capacità di andare oltre le apparenze e di sapere apprezzare ciò che conta veramente: il suo cuore, la sua umanità, i suoi sentimenti; più che il mero aspetto fisico.
Un plauso alla regista per aver reso tutto questo e per “la sua determinazione nel fare il suo film, raccontando la sua storia senza copiare nessuno”, come ha evidenziato Sassanelli. “Una donna che sa ascoltare, ma sa anche quello che vuole” e lo persegue con ostinazione e grande forza di volontà, come l’ha descritta l’attore. Una storia nata dall’incontro con ragazzi menomati che si sono riusciti a realizzare e a sposarsi. Quando, invece, spesso essi vengono abbandonati sin da piccoli e dati in adozione. Non ultimo, infatti, occorre evidenziare che Mauro Racanati ha dovuto interpretare la parte di un disabile pur avendo perfettamente tutti e quattro gli arti. Ed ha provato sulla sua pelle in maniera tangibile la difficoltà di doversi mettere le lenti a contatto negli occhi coi piedi, mangiare e scrivere coi piedi. Una storia che ti cambia di sicuro come ha sottolineato Sassanelli, in cui la regista ha messo esperienze autobiografiche come quella di essere lei stessa madre di due figlie (come ha fatto del resto Elena Sofia Ricci). Per creare questo che è un film che è “una metafora anche del superare le proprie timidezze e paure”, come ha voluto ribadire la regista. “Ci sono più di 4 milioni di ragazzi che cercano assistenza sessuale” ha denunciato Racanati. E il tema del sesso a pagamento, della prostituzione su richiesta non è un problema da poco da affrontare. In questo importante il ruolo di Magda, alias Cristiana Vaccaro, pagata da Grazia per aiutare Francesco a superare la sua verginità. Il film è in uscita nelle sale a partire da giovedì 25 giugno prossimo.
di Barbara Conti