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“Manolete”, il mito racchiuso nella storia del torero più grande di tutti i tempi

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“Manolete”, il mito racchiuso nella storia del torero più grande di tutti i tempi

ManoleteManuel Rodríguez Sánchez, meglio conosciuto come Manolete, è senza dubbio uno dei più famosi e amati toreri spagnoli.

Ambientato durante la dittatura di Francisco Franco, lo spettacolo di Manolete può essere considerato come la versione spagnola e moderna del panem et circenses romano, considerata l’attenzione e la cura dimostrate dal Generalissimo verso gli spettacoli e le vicende private del torero per il loro impatto su un popolo versante in condizioni di miseria e povertà. Con un’impressionante somiglianza a Manolete, Adrian Brody interpreta lo schivo e timido torero dallo sguardo intenso e triste nel biopic “Manolete”, scritto e diretto da Menno Meyjes, per la terza volta alla regia. Nato nel ’17 e morto a soli 30 anni, Manolete conosce ben presto la fame, dalla quale cerca di salvare se stesso e la sua famiglia intraprendendo la stessa carriere del padre. A soli 22 anni Manolete è un torero professionista impegnato nella scalata verso la fama e la gloria. Manolete viaggia e combatte in tutto il mondo, tanto da guadagnare successo e riconoscimenti internazionali. La sua vita, intrecciata fino a quel momento solo con l’affascinante morte e le rischiose arene, si lega all’attrice Lupe Sino, una donna meravigliosamente seducente e misteriosa dal passato controverso e incapace di giurargli fedeltà eterna, interpretata da una raggiante e ombrosa al tempo stesso Penelope Cruz. Il film procede per flashback, alcuni rappresentati da documenti storici, interrompendo il normale procedere della narrazione con frequenti incursioni nel passato non sempre felice di Manolete, ritratto nel continuo atto di ricordare i momenti più toccanti della travagliata storia d’amore con Lupe. Nell’intenzione di Meyjes prevale l’idea di porre al centro del racconto “un uomo innamorato della morte che incontra una donna innamorata della vita”, rendendo così la storia d’amore l’elemento attorno al quale far orbitare le vicende di un uomo, un torero, diviso tra mito e storia. Il film non convince fino in fondo nell’estetica: ricorre alla ridondanza di immagini sul matador che vorrebbero essere evocative dell’arte ed eleganza contenute nel suo tocco ma che invece risultano quasi didascaliche, nel montaggio compaiono alcuni espedienti ritmici mal controllati da cui si origina una punteggiatura fastidiosa alla lettura e alcune inquadrature vorrebbero incorniciare delle emozioni e turbamenti di rilievo ma non riescono a staccarsi dal puro esercizio stilistico. Adrian Brody e Penelope Cruz sostengono efficacemente il peso dei loro personaggi, anche se difficilmente li ricorderemo per l’interpretazione di Manolete e Lupe.

di Francesca Vantaggiato