Richard Berry per una prima volta da non perdere dietro la macchina da presa
Marsiglia mette davvero i brividi. Perché è una delle città più belle del mondo, ma anche una delle più pericolose.
Charles Mattei questo lo sa bene. Lontano dalla malavita da più di 3 anni, ha un trascorso da capobanda di una delle più minacciose cosche della città, se non addirittura della Francia intera. Ora che è completamente fuori da ogni giro losco, però, non ha nulla da temere, né dei confronti della legge, né tantomeno verso i nemici delle cosche avversarie. Forse.
Dopo una carriera da attore più che affermato, al cinema come a teatro, Richard Berry decide di impugnare una macchina da presa e di dirigere L’immortale, un crime movie ad alta tensione con il pathos tipico di un film d’azione americano, ma con l’eleganza e la fotografia dei migliori film d’autore francesi.
Non è facile raccontare una storia già vista al cinema cercando di essere originali. Spesso un regista tenta l’ardua impresa, ma il risultato spesso è disastroso. Nel caso di un autore francese come Berry, invece, non solo l’impresa è riuscita ma il prodotto finale rischia di surclassare perfino i suoi predecessori, per la regia elegante, per il montaggio sovrano assolutamente schizofrenico ed emozionante, per la fotografia sporca ma luminosa (in modo tale da accentuare i favolosi colori di una magica Marsiglia), per gli attori certamente degni di uno premio Oscar (uno per uno N.d.R.). Attori come Jean Reno, che dopo alcuni cenni alla commedia (che forse non gli si addice neppure così tanto) ritorna finalmente ad un genere più familiare, interpretando uno dei villain più affascinanti, carismatici ed attraenti della storia del cinema, suo e non solo.
Attori come il poliedrico Venantino Venantini, che ormai trascorre la sua esistenza tra la Francia e l’Italia e da più di 50 anni regala al grande pubblico nostrano e d’oltralpe vere e proprie perle rare cinematografiche, ma anche teatrali e televisive.
E attori, infine, come lo stesso regista, che sembra aver sfruttato la sua esperienza sul palcoscenico per dirigere il suo cast (artistico e non) quasi come fosse il direttore di un’orchestra polifonica.
di Luna Saracino
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