La storia del Piccolo Principe che insegnò al Pilota ad amare
La Sindrome di Asperger è una forma di autismo che compromette il soggetto colpito negli spontanei rapporti sociali con gli altri.
Questo perché il soggetto non ha la possibilità di comprendere realmente quali siano le vere intenzioni degli elementi che si trovano intorno a lui, al di là delle apparenze. Tutto ciò porta a condurre una vita prettamente solitaria, monotona e ripetitiva. Ed è proprio così la vita del protagonista di questo film,
Adam (
Hugh Dancy) affetto dalla
sindrome di Asperger. Un soggetto estremamente intelligente, ingegnere elettronico che lavora in una fabbrica di giocattoli e con una passione ossessiva per l’astronomia. Un giorno, nell’appartamento esattamente sotto al suo andrà a vivere Beth (
Rose Byrne), una scrittrice di storie per bambini che insegna in una scuola elementare. I due si incontreranno nella lavanderia del palazzo e, da quel momento, non riusciranno a stare lontani l’uno dall’altra. Beth riuscirà a migliorare i rapporti sociali di Adam, spronandolo ad abbandonare la monotonia della sua casa. Adam, dal canto suo, riuscirà a condurre Beth nel suo piccolo mondo, parallelo a quello degli altri, dove anche le piccole cose hanno uno spessore consistente. L’ultima commedia di
Max Mayer, che ha vinto al
Sundance Film Festival il premio Alfred P. Sloan come miglior film a tematica scientifica, rischiava di essere una delle tante storie che raccontano la vita di un autistico per il quale si dovrebbe provare compassione e pietà. Invece, questa, è innanzitutto una storia d’amore, tra due personaggi agli antipodi che si conoscono, si capiscono e si amano. All’inizio c’è un chiaro riferimento a
Il piccolo principe di
Saint Exupéry: in effetti, questo film si presenta come una favola, ambientata tra le strade della rumorosa e frenetica New York. Le inquadrature pongono i protagonisti quasi sempre ai margini, come a voler dare risalto ai loro particolari punti di vista sulla vita e sull’amore. Ottima interpretazione di Hugh Dancy, che si ritrova a dover rendere credibile un ruolo difficile e complesso. I colori freddi dell’ambientazione vengono costantemente riscaldati dalla fotografia che illumina i volti, e dai dialoghi mai scontati che mantengono un leggero e coerente tono ingenuo. Unica nota negativa: parte della storia si concentra sui problemi famigliari di Beth, allontanando lo spettatore dal nucleo centrale del film, così poeticamente corretto e musicale. Un film che è passato inosservato ma che vale la pena di vedere.
di Francesca Casella