Dai produttori/creatori di Cloverfield, Lost e Buffy l’ammazzavampiri l’atteso “meta”- popcorn horror di Drew Goddard, nelle sale dal 18 maggio
Cine-Frankenstein-shake.
Sta per sbranarci, “fumarci”, manovrarci, in sala dal 18 maggio, il primo attesissimo lungometraggio di Drew Goddard (sceneggiatore e produttore di Cloverfield e Lost), Quella casa nel bosco (The cabin in the woods). Celato “hypercube” visivo, l’opera, scritta a quattro mani con il papà della sexy mocciosa pianta paletti più famosa del globo, frulla-compendia con goduta generosità la tradizione horror, smarcandosi dall’idiozia degli affini con vivacità.
Cinque studenti, cinque appetibili corpi attoriali, la virgo Kristen Connolly, Chris “Thor” Hemsworth, Hanna Hutchinson, Fran Kranz (impagabile anomalo nerd), l’erotico Jesse Williams. Un viaggio su sperduta rotta extra satellitare, verso la casa stregata di un cugino senza nome. Un weekend carnale, sbrindellato da strani “feromoni”, destinato all’ovvio eccidio. Innescato da un sottoscala orgia di feticci spaventosi. E da un sanguinoso diario colonico.
Ma c’è un al di là. Oltre il bosco e la sua “rete” invisibile. Alle spalle della montagna, un centro comandi, una squadra di speculatori, un macabro sollazzo concepito per placare/evitare ancestrali vendette.
Rito/piano/pantano di morte cinefila, Quella casa nel bosco tenta con programmat(ic)a, non compiaciuta follia, una scoperta azione di innesti e (auto)rimandi, trasformando ascensori, cantine, doppi vetri e “creature” nei correlativi oggettivi di una sagace sovversione/mattanza simbolica degli stereotipi e delle sottocategorie dell’horror. Vuole “osservare”-mostrare i meccanismi dello sguardo – dell’autore come del fruitore – nei confronti della materia finzionale, le prerogative da “grande fratello” intermediale che quotidianamente, nell’artista come nell’individuo sulla strada e insieme nell’utente del social game, si trovano ad “agire”. Ma la riflessione psico-antropologica sulla volontà tele-comandata e sul bagno di violenza quale forma di esortazione/inibizione eccitante ma consolatoria, sedativa, della binaria natura dell’uomo preda-cacciatore, rimane fresca, primitiva cornice di un gigantesco teatro di paratie mobili orchestrate per un intrattenimento intelligente e partecipato ma non seminale. La partita a livello speculativo non va oltre il trabocchetto arguto condito da immancabili sferzate demenziali, o parodie flash di certi caratteri da cine-patriottismo psichedelico e muscolare. Il delirio metateorico che spera di esplorare (per ammissione degli ideatori) i livelli di coscienza dello spettatore, si trincera nella futuribile asettica stanza di controllo di Hadley e Sitterson (i lussuriosi pavidi tecnici bastardi Whitford e Jenkins), nido chirurgico delle migliori trovate, senza tuttavia puntare la camera sul voyeurismo snobistico e mercificante del capitalismo che colonizza gli emisferi (cerebrali). Preferendo abbandonare qualsiasi tesi critica dell’alienazione sadica dei tempi moderni, la radice dell’intreccio e del mancato sottotesto sociologico e politico ad una trovata lostiana fumettistica e vacua. Nonostante la pellicola investa sul capovolgimento e sulla sovrapposizione prospettica, si smarrisce nei fatti (con calcolato spaesamento grottesco) negli stessi difetti che smagavano l’innovativo abbaglio seriale del modello-Lost. Trasformando la succosa, promettente metafora dei burattini burattinati in un contorno pretestuoso, a servizio dello spassoso tour mortifero.
Sostituendosi enciclopedico alle vampirizzate produzioni coeve, il duo Goddard-Whedon depreda/“riesuma” un esercito di creature omicide cine-bibliche, setacciando l’intero immaginario horror-fantasy, omaggiando affettuoso e pindarico (replicando in tempistica variatio) Raimi, Carpenter, Romero & co., e frodando in rispettoso scherno la riflessione ontologica di Natali.
Apogeo stilistico e ipogeo visivo del virtuosismo splatter contaminato e dell’ingegno artigianale del film, il labirinto “epifanico” dell’epilogo convoglia-scarica finalmente l’umorismo puntuto e diffuso ma disomogeneo della lunga “superficie” in notturna in un imprevisto mattatoio citazionistico, vero delizioso digestivo (per i “piani inferiori”).
Agnellini distratti e bramosi, passato il cancello una “mano” ci seppellirà.
TITOLO E CAST
Quella casa nel bosco
T.O. The cabin in the woods
Regia Drew Goddard
Con Kristen Connolly, Chris Hemsworth, Hanna Hutchinson, Fran Kranz, Jesse Williams,
Richard Jenkins, Bradley Whitford, Brian White, Amy Acker
Sceneggiatura Joss Whedon & Drew Goddard
Prodotto da Joss Whedon
Produttore esecutivo Jason Clark
Direttore della fotografia Peter Daming, (ASC)
Scenografie Martin Whist
Montaggio Lisa Lassek
Costumi Shawna Trpcic
Musiche David Julyan
Supervisione musicale Dana Sano
Supervisione effetti visivi Todd Shifflett
Coprodotto da John Swallow
Casting Amy McIntyre Britt e Anya Colloff
Produzione Lionsgate – Mutant Enemy
Distribuito da M2 Pictures
Usa 2011
Durata 95’
di Sarah Panatta