Genovese mostra l’immaturità di rapporti vissuti virtualmente
Il 2014, un altro anno da “immaturi” come il 2012. Era il 2012 quando uscì il film di Paolo genovese “Immaturi. Il viaggio”, con un cast ricchissimo, che raccontava il disagio che molte persone vivono nel nostro Paese per un’immaturità affettiva che è frutto di una scarsa ricchezza emotiva, di rapporti immaturi poiché vissuti a metà quasi, soprattutto spesso attraverso mezzi di comunicazione alienanti, tramite sms, con l’uso di nuove tecnologie con cui si lasciano messaggi inconclusi e inconcludenti, nel senso che non permettono né di conoscersi fino in fondo né di chiarirsi. E, soprattutto, contribuiscono a costruirci un’identità distorta, quasi una seconda vita, in cui non si sa neppure più né chi siamo né chi abbiamo di fronte. Chi ci sarà dall’altra parte dello schermo del telefonino o del computer? Quale verità mi starà raccontando. In questa crisi che, così, oltre che economica, di valori, affettivo-emotiva, diventa anche di identità, in cui i traditi diventano traditori e le bugie verità, spicca il ruolo della figura femminile. Per una commedia leggera classica all’italiana, che molto ricorda quelle dei fratelli Vanzina, sempre attuale.
Paolo Genovese va subito dritto al nocciolo della questione: da dove nascono questi rapporti immaturi? Quasi che si vogliano vivere storie di poco conto, quasi fossero offerte quali benefit nel pacchetto di viaggio della propria vacanza? Per cui anche i sentimenti sono last minute, in saldo potremmo dire; come se l’amore si potesse comprare o rubare, oppure ottenere conquistare a parole, con belle frasi scritte su un cellulare, per un sms quasi inviato per caso, per sbaglio. Come se fosse una pura e mera coincidenza fortuita del destino e non una conquista quotidiana, giornaliera, frutto della lotta condivisa, partecipata col partner. Il tema del rapporto uomo-tecnologie era già stato affronta tao col film “C’è posta per te “, del 1998 per la regia di Nora Ephron, con Meg Ryan e Tom Hanks, in cui è tramite Internet che nasce una relazione sentimentale tra i due protagonisti: da un semplice scambio di mail che li incatena ai computer.
E la risposta di Genovese non tarda ad arrivare: è il profondo senso di solitudine che pervade la maggior parte di noi, che ci porta a “scendere a compromessi” con noi stessi, col nostro cuore, con la nostra dignità, a spingerci a fingerci diversi rispetto a ciò che realmente siamo e vogliamo. Singolare che il film sia stato proiettato il giorno prima della Festa della donna. Qui si tratta della storia di “donne emancipate” che rivogliono il loro spazio nella società e rivendicano la parità nei confronti degli uomini, anche nei legami affettivi. Ad ogni costo. A disposto di diventare pericolose donne seducenti ed intriganti ruba-cuori, “divoratrici” di uomini. Ferite, deluse, umiliate, optano per “l’usa e getta” anche nei rapporti amorosi. Conquistano e poi abbandonano, si negano, fanno soffrire per non essere più preda dell’uomo-predatore che, poi, diventa preda egli stesso e vittima dell’asciuttezza comunicativa che imperversa; o meglio latita. Mancanza di comunicazione, assenza di dialogo caratterizzano le relazioni dei protagonisti di questo film che, così, non riescono più né a stare insieme né a costruire qualcosa insieme, ad esserci l’uno per l’altro, ad ascoltarsi, a rispondere alle esigenze reciproche. Ed è in questo vuoto affettivo, a Paros nella Grecia che ha attraversato una crisi senza precedenti, che si arriva a situazioni estreme. Francesca (Ambra Angiolini), sola in vacanza senza fidanzato, diventa cleptomane, inizia a rubare cose materiale, qualunque cosa, quasi a catturare attenzioni e riempire quel vuoto emotivo. Sarà lei ad insegnare l’importanza del gruppo agli altri, troppo presi da sé, che arriveranno a mettersi nei guai per lei e a causa sua; ma sarà proprio quando toccheranno il fondo che riusciranno a guardarsi dentro, a parlarsi veramente, guardandosi negli occhi e non fissando uno strumento tecnologico, e ad uscire da quella prigione (metaforica moralmente parlando), ma reale nel film, in cui si ritrovano: prigione del cuore, della paura di legarsi e di palesare i propri sentimenti; prigione che è dipendenza dalle nuove tecnologie; prigione che è l’essere succubi di preconcetti e del limite di non saper guardare al di là dell’apparenza, della persona fisica, per cercare di capire realmente sino in fondo chi si ha di fronte e i suoi bisogni e desideri.
E così il cerchio si ricompone e quel gruppo che è partito all’inizio finalmente si ritrova: Lorenzo (Ricky Memphis), Luisa (Barbora Babulova), Francesca, Piero (Luca Bizzarri), Virgilio (Paolo Kessisoglu), Giorgio (Raoul Bova), Marta (Luisa Ranieri) ed Eleonora (Anita Caprioli) sono di nuovo uniti. Hanno capito che ciò che conta non è tanto quello che si fa, ma agire insieme. Relazioni estemporanee tutto sesso ed alcool sono nulla in confronto alla ricchezza dell’amicizia e dell’amore di chi si ama, con cui affrontare i veri problemi della vita, quali ad esempio il tumore al seno di Eleonora. La paura di legarsi è sempre un limite, anche di fronte alla contingenza del tempo: non vivere un sentimento per il poco tempo a disposizione è sempre un errore, meglio poco tempo vissuto intensamente e pienamente con le persone a cui teniamo, che non viverlo affatto. Così come anche una vacanza può essere un momento di riflessione e di scoperta di sé. Così come anche un film leggero e comico, può dare spunto per uno sguardo diverso sul modo in cui viviamo le nostre emozioni e i nostri sentimenti. La sceneggiatura è semplice, così come i dialoghi, ma mai banale. Il ritmo supportato da musiche che costituiscono una colonna sonora ricca e moderna. Ne nasceranno nuove storie, nuovi rapporti di coppia e nuovi arrivati, come Carlo, Luca Zingaretti. Un film descritto così dalla critica: “tra mare cristallino, gite in gommone, rovine sperdute, serate in discoteca, bugie, segreti, tradimenti e amore in tutte le sue sfumature, i protagonisti si scoprono cambiati e diversi”, ma saranno ancora immaturi? Un viaggio per cambiare, per raggiungere una meta lontana quanto il cambiamento interiore.
di Barbara Conti