FilmTv che colleziona borioso, e vuoto come un cimitero disseppellito, i luoghi comuni dello showbiz, rincorrendo Sorrentino e trovando un circo anonimo di inutili già visti orrori
“Padre Nostro, ho aspettato fino ad ora e non so neppure chi sono”. È il copione da mandare a memoria per un mucchio ordinato di protagonisti da rotocalco sbiadito e forse la domanda che si/ci pone il regista e autore del film burla del festival, Tre tocchi.
Tre tocchi per il possesso palla, e per non pedere le palle, tre tocchi per riconoscere dietro le quinte le “tendenze” truccate di una vita guidata dall’odore del cibo facile e dell’insoddisfazione perenne. Generazioni di attori a confronto, sognando un vero palco e bisticciando amaramente lamentosi e decadenti nelle docce di una partita di calcio strappata alle ambizioni quotidiane. Tra un canto goliardico, una tirata di coca, un vecchio conto cammorristico da esorcizzare, un unico grande imperdibile provino da non sbagliare. Per non cadere nel pozzo dei dimenticati, che dopo le repliche delle serie tv, uscendo dalla porta sul retro, si calano in altri ruoli, dal buttafuori allo stornellatore per le trattorie dei (veri) vips. La lotta per la sopravvivenza tra Shakespeare e stilemi Mediaset, dialoghi beccati rigurgitati e poi ri-tagliati con l’accetta, rubati qua e là da tanto cinema e troppo piccolo schermo, carrellate spudoratamente e infantilmente sorrentiniane sui belletti di un mondo che crolla perennemente su se stesso rinascendo da ceneri e marchette.
Presentato nella sezione Gala del Festival Internazionale del Film di Roma il nuovo film di Marco Risi sperimenta il tragicomico in voga sulla scia dell’oscar promozionale della Grande Bellezza, senza uscire dal seminato linguistico dei peggiori settimanali di gossip e delle più sciatte soap opera dei nostri ’90, infilando scene stantie in un montaggio neppure avvicinabile alla laccata grazia de L’onore e il rispetto. Chi depreca Garko e accoliti, a causa della gratuità di prodotti settati unicamente sulle necessità degli inserzionisti pubblicitari delle fasce da share, dovrà avvertire il tracollo cerebrale ulteriore imposto dall’ultima fatica di Risi. Aperto dall’unica chicca dell’intero film, i titoli di inizio graffitati sui cessi piastrellati di un probabile bagno per soli maschietti, Tre tocchi scodella con un racconto inizialmente ritmico e alternato, non storie, ma personaggi, lunga catena di umani, attori, dalla doppia vita e dalle carriere allo sbaraglio. Figurine inceronate, misogine, steroidate, che vorrebbe simboliche della sottile compresenza di fallimenti e speranze. L’attore stile “Amici” che dai fotoromanzi vuole il salto di qualità; il doppiatore bistrattato che vorrebbe evitare il salto della quaglia ma viene sedotto dall’erede felliniano laido di turno; l’attore di teatro che fa breccia nel cuore dei suoi ex aguzzini calcando le scene con gli abiti scarni di una vamp-trans inseguita dal passato e così via. Catena sì, di montaggio, di stereotipi consolidati, di metafore telefonate.
Tre tocchi, la cantilena tronfia di un’opera senza struttura o messaggi, autoreferenziale giustificazione all’ennesima produzione straight to video. Ma quale video, Padre Nostro?
CAST
Regia di Marco Risi
Con Massimiliano Benvenuto, Leandro Amato, Emiliano Ragno, Vincenzo De Michele, Antonio Folletto, Gilles Rocca, Gianfranco Gallo, e con Matteo Branciamore, Francesca Inaudi, Jonis Bascir, Luca Argentero, Marco Giallini, Claudio Santamaria, Paolo Sorrentino, Maurizio Mattioli, Ida Di benedetto, Valentina Lodovini
Sceneggiatura di Marco Risi, Francesco Frangipane, Riccardo Di Torrebruna
Montaggio di Valentina Girodo
Musiche di Jonis Bascir
Finanziato da Ambi Pictures di Andrea Iervolino, Monika Bacardi
Italia 2013
durata 100 minuti
di Sarah Panatta