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Festival del Film di Roma 2013: presentazione di “A vida invisível”

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Festival del Film di Roma 2013: presentazione di “A vida invisível”

Vitor GonçalvesL’influenza della scuola di Antonio Reis su Vitor e sulla cinematografia portoghese che rischia di chiudere

Vitor Gonçalves torna dietro la macchina da presa dopo più di venti anni. Era il 1986 quando girò
definito da Melissa Anderson “una pietra miliare del cinema portoghese”. E sicuramente nel tempo anche il regista lo è diventato, raccogliendo l’eredità del suo maestro, António Reis, ed aprendo un nuovo ciclo della cinematografia portoghese quanto mai centrale in un momento in cui si tende a non investirci più molto. Pertanto è fondamentale la presentazione al Festival Internazionale del Film di Roma di “A vida invisível”, sottolinea Pedro Fernandes Duarte  della casa di produzione Rosa Filmes, che afferma: “In tutta Europa, indubbiamente, c’è una crisi economica, che riguarda soprattutto il Sud Europa. Politicamente, però, essa viene strumentalizzata ed usata a uso e consumo degli interessi del governo. In Portogallo in particolare c’è un governo neo liberale che si nasconde appunto dietro la crisi per mettere fine al cinema portoghese. Vitor per decenni ha insegnato e pensato il cinema, che è vivo dentro di lui. Io ero un suo studente ed è importante per me dire a tutti che, quando pensiamo a qualunque cineasta portoghese c’è un rimando a Gonçalves, che consideriamo il principale professore di regia, anche se a lui non piace che si dica: lui ha preso persone che non sapevano fare un film e le ha reso in grado di girare un loro prodotto”.

E, come un binomio indissolubile, non c’è Vitor senza António Reis, per un’equazione il cui risultato è un film di qualità e di successo. Ed infatti, dietro la figura di uno dei protagonista di “A vida invisível”, l’omonimo Antonio, c’è proprio Reis. È lo stesso Gonçalves ad affermare: “Antonio Reis è stato mio maestro e la sua ombra è presente nel film soprattutto dal punto di vista del pensiero estetico. Dunque sicuramente posso affermare che vi sia qualcosa di autobiografico all’interno di ‘A vida invisível’. Tutto poi nasce da un’esperienza che ho vissuto personalmente. Ad esempio vedendo l’immagine degli alberi in movimento con l’orizzonte sullo sfondo, l’ho voluta filmare, ma non pensavo l’avrei inserita nel film, e così frequentemente. Poi riguardandola ho capito che racchiudeva il senso del film, sempre in movimento, ed ho così iniziato a pensare alla narrativa del film stesso lavorando appunto sul movimento”.

Tuttavia “A vida invisível” non è solamente un film personale d autobiografico, ma anche collettivo e sociale. È anche un film politico sulla memoria, una riflessione sulle problematiche socio-politiche del Portogallo, ma anche dell’Europa, osando basandosi sui continui spostamenti di Adriana. “Volevo fare –precisa Gonçalves in merito- un film che potesse parlare della vita intima di Hugo, il protagonista; ma sarebbe assurdo non parlare dell’aspetto esterno che fa riferimento alla ssocietà civile portoghese. Al riguardo è importante la piazza di Lisbona che viene spesso mostrata. L’ho usata con l’idea di parlare di questa dimensione per poter riversare all’esterno l’intimità del personaggio. Il portoghese spesso è chiuso in se stesso come la storia di Hugo è chiusa in se stessa. Il protagonista sente la storia che ha animato quella piazza come qualcosa che non gli appartiene, però ha tuttavia un significato simbolico per noi portoghesi molto importante; non è una piazza qualsiasi di Lisbona, ma è un luogo dove si è vissuto, durante il secolo scorso, la storia pubblica portoghese e gli avvenimenti più significativi che l’hanno caratterizzata: fu chiusa durante il fascismo e tutte le manifestazioni di protesta contro tale regime, successivamente, avvennero lì; solamente dopo il fascismo la gente vi è potuta andare e se ne è riappropriata. Per tali motivi è un luogo unico per la gente del posto”.

E, pertanto, anche per Hugo, intorno a cui ruota tutta la storia, interpretato da Felipe Duarte, che ammette: “Quando Vitor mi ha offerto di fare questo personaggio ho subito accettato. Ho sempre considerato la sua figura un eroe e ritengo che quello di “A vida invisível” un progetto speciale; il mondo corre troppo veloce, mentre nel film il mondo non corre ed ho avuto modo di poter costruire il personaggio. Nel film, poi, c’è molto contenuto, parole e monologhi pregni di significato. Perciò con Vitor c’è stata un’intesa molto profonda, in quanto sentivo il contenuto. È stato molto gratificante pensare a un film aperto in cui ogni giorno era un giorno nuovo: non capita spesso. Tutti i giorni mi sono emozionato. Quando il regista non mi diceva di tagliare le battute sarei potuto rimanere lì ore ed ore”.E la dimensione tempo, sicuramente, è altrettanto centrale in “A vida invisível”.

di Barbara Conti