L’America che smette di sognare nello spietato ritratto di provincia di Scott Cooper
Dei film in concorso dell’ottava edizione del Festival di Roma, Out of The Furnace di Scott Cooper, era uno dei più attesi. Lo era ancor di più dopo le numerose indiscrezioni sulla presenza del suo “ingombrante” protagonista, Christian Bale, che oggi avrebbe dovuto sfilare sul red carpet. Caso vuole che, purtroppo, a rappresentare il film nella quinta serata del festival non ci sarà né Bale, né Casey Affleck o Cooper. Un vero peccato, perché un film come Out of the Furnace meritava davvero una rappresentanza alla kermesse capitolina. Alla sua seconda prova nel lungometraggio (la prima era stata Crazy Heart nel 2009), il regista porta sul grande schermo la fine del “sogno americano” attraverso una storia ambientata in quella che negli anni ’80 ha preso il nome di Rust Belt: l’area post-industriale degli Stati Uniti che si estende dallo stato di New York fino al nord dell’Illinois e a est del Wisconsin. Tutte le zone in cui si concentrava il cuore pulsante dell’industria americana è che oggi sono diventate la “cintura di ruggine”, sinonimo di declino economico e decadenza urbana, criminalità e spopolamento. ScottCooper ha scelto come location la Pennsylvania e il West Virginia, girando tra le cittadine di Braddock, Beaver Falls e Moundsville.
Le vicende di Out of the Furnace sono quelle di due fratelli, Russel e Rodney Baze: il primo ha seguito le orme del padre lavorando in fabbrica, il secondo è reduce dalle missioni in Iraq e non riesce a superare i traumi della guerra. Russel coltiva il sogno di una famiglia insieme alla sua ragazza, Lena, ma a causa di un incidente, che lo costringerà a scontare una lunga pena in carcere, dovrà stare lontano da lei. Al suo ritorno, le cose sono cambiate: Lena aspetta un figlio da un altro uomo e Rodney si è dato agli incontri clandestini di boxe, incontri che lo metteranno nei guai.
Cooper porta al cinema un film realistico, cupo, e spietato: un magnifico ChristianBale è Russel,uomo forte e sensibile che fino alla fine cerca di non smarrire la “retta via”; bravissimo anche Casey Affleck, un disilluso e spavaldo Rodney. Menzione speciale per il “cattivo” del film: Woody Harrelson nei panni del sanguinario Curtis DeGroat. Out of the Furnace può fare affidamento su un’ottima regia e su una recitazione a livelli altissimi. Ed è proprio quest’ultima a regalarci il ritratto di un’America sofferente, che perde l’anima ancor prima di sentire il dolore della ferita.
di Lucia Gerbino