Film documentario sulla crisi economica in una Napoli moderna, “riuscito perché spontaneo”
“L’amministratore”. Questo il titolo del film documentario di Vincenzo Marra, presentato al Festival Internazionale del Film di Roma 2013 nella sezione CineMaxxi fuori concorso. Protagonista non è soltanto Umberto Montella, amministratore appunto di diversi condomini, ma tutta Napoli (dal quartiere in di Posillipo, al Vomero con la sua piccola borghesia, al centro storico, fino alla periferia nord del quartiere di San Giovanni, vicino alla famigerata Scampia), specchio di un’Italia ai tempi della crisi. Si tratta di microstorie che diventano metastorie, unite dal comune denominatore del vivere civile in società, in condomini che sono meta-luoghi, metafore del Paese e, soprattutto, di un sistema Paese alla deriva. Dunque una sorta di tecnica di meta teatro trasposta al cinema del reale. La presenza fissa di telecamere a riprendere la vita quotidiana di gente comune serve a dare un tratto di autenticità al grado di gravità della situazione in cui ci si trova in certe zone. Esperienze che, se raccontate, non sarebbero sembrate possibili, quando lo spettatore se le trova davanti agli occhi, attraverso le persone-personaggi, hanno un impatto emotivo forte e riescono a far riflettere. Un modo per descrivere le nuove povertà di donne e uomini che hanno studiato e lavorato anche fuori città, che portano a situazioni di degrado impensabili. Non manca qualche tratto di comicità che rende meno amaro il quadro della situazione emergenziale di una metropoli quale Napoli. L’uso del dialetto è esemplare per tale aspetto. Gente che, pur nella drammaticità delle contingenze che si trova a vivere, non perde la cordialità, non dimentica l’importanza dei valori sinceri di antica origine, il piacere di offrire un caffè, il senso di ospitalità per un conterraneo, la semplicità di scambiare vissuti e dei piccoli gesti. Solamente i problemi economici alterano tutto ciò limitando l’umanità dei protagonisti di questo film-documentario corale, seppur incentrato sulla figura dell’amministratore. Infatti l’armonia dei condomini viene rotta da dispute futili per motivi banali, facendo un bilancio reciproco di chi paga di più e chi meno per abitare in case che sono fatiscenti: i soffitti crollano a pezzi, l’acqua si è infiltrata ovunque, l’umidità è evidente e tangibile, si può persino respirare; c’è chi dorme con le pentole sul letto per raccogliere l’acqua piovana. Per non parlare dei topi che animano i comprensori ed i marciapiedi e dei vetri rotti mai riparati, anche col tempo che vede temperature in calo in attesa dell’arrivo del Natale, che verrà festeggiato in maniera modica. O della pittura delle pareti che non chiedono altro che di essere rinfrescate. Di solito si dice “cose del terzo mondo!”, ma l’amministratore precisa che qui si è in una situazione persino peggiore, si è superato quel livello minimo di vivibilità che dovrebbe essere garantito. In tutto ciò c’e chi vuole andare via e una politica assente che non risponde alle esigenze della povera gente, “politici che parlano in tv e sono chiaviche”, in senso dispregiativo ed offensivo, come a dire che lo schermo è diventato una fogna, una sorta di pattumiera dove vengono rovesciate ogni sorta di amenità, quasi a prendere in giro il cosiddetto popolino. Quest’ultimo non sono altro che persone semplici che vantano quello che ritengono il loro unico diritto alla dignità e a vivere nell’umiltà della povertà, di una povertà dignitosa appunto. Ed è questo che li offende, quando un loro pari viene privilegiato a loro avviso, per cui paga meno affitto: per quale ragione? Ne nascono liti che l’amministratore tende a cercare di far superare, riportando la concordia facendo comprendere il valore della fratellanza. E l’importanza dell’aiuto reciproco e della solidarietà, soprattutto nei condomini. L’unica vera forza in un momento di grave crisi economica, che porta ad estremizzare gli stati di tensione derivanti dai problemi comuni che si devono fronteggiare nella quotidianità. Una miccia che rischia di innescare un incendio di ondate di protesta pericolose ed incontrollabili, arrivando a minacce di denunce. Tenuto conto che molti negozi, se non chiudono, sono costretti a rivedere la propria struttura interna poiché “meno spese hai più guadagno c’è, perché tanto il mercato non si allarga ulteriormente”, spiega l’amministratore.
“I palazzi che crollano a pezzi sono la metafora del degrado dell’Italia. Quello che mi ha colpito è l’umanità che regna nello studio Montella, da cui sono partito per costruire e legare quattro microstorie, che dessero una visione completa della crisi economica attuale. Abbiamo girato anche 12 ore di riprese al giorno continuate, con grande sforzo fisico avendo sempre fiducia che avvenisse qualcosa di straordinario da inserire nel film documentario. Ho dato, infatti, solamente un’indicazione ai protagonisti: quella di non fermarsi mai”, commenta il regista Vincenzo Marra.
“Se è diventato un prodotto ben riuscito è poiché è costituito dalla spontaneità dei vissuti quotidiani, che sono proseguiti nonostante la presenza costante delle telecamere, che all’inizio ha pesato, poi sono diventate quasi invisibili. Ci siamo tutti abituati alla presenza del cast, una sorta di angeli custodi che ci hanno accompagnato nelle lunghe giornate di riprese, diventandone parte integrante, tanto che poi si è sentita la loro assenza. Credo che il regista abbia colto in me quella duttilità di cui devono essere dotati sia chi gira un film che chi amministra un condominio per riuscire a parlare a tutti. Unitamente ad una teatralità e una predisposizione attoriale che forse ho pur non avendo mai recitato”, ha aggiunto Umberto Montella.
di Barbara Conti