L’infanzia ignorata delle favelas protagonista del nuovo film di Sandra Kogut
Basta dire “carnevale” e la mente corre subito al Brasile e ai suoi colori, alla musica e alle splendide ballerine di samba. Ma il Brasile è tristemente famoso anche per i meninos de rua, i bambini orfani o abbandonati che vivono per le strade e nelle favelas, in condizioni di estrema povertà e che spesso finiscono nelle mani sbagliate.
E sono proprio loro i protagonisti del nuovo film di Sandra Kogut, cineasta brasiliana classe 1965, che nella seconda giornata del Festival di Roma ha portato Campo Grande, storia di Ygor (Ygor Manoel) e Rayane (Rayane do Amaral), fratellini di 8 e 6 anni, che si ritrovano a vagare per le strade di Rio de Janeiro alla ricerca della loro mamma. I due bimbi sono stati abbandonati: Rayane, viene lasciata sulla porta di casa di Regina (Carla Ribas), donna che vive nel quartiere di Ipanema, con un biglietto sul quale era stato appuntato il suo indirizzo; Ygor verrà rintracciato tramite la sorella. Regina è già provata dalla fine del suo matrimonio, da un trasloco imminente e dal difficile rapporto con la figlia Lila (Julia Bernat). L’arrivo dei due bambini sconvolgerà la vita di madre e figlia che, loro malgrado, si scontreranno con il mondo di Ygor e Rayane, fatto di povertà e solitudine.
Sandra Kogut si muove tra fiction e documentario ma, più che un film di denuncia, Campo Grande è il racconto delle due facce della maternità: da un lato ci sono i due bambini, che non accettano l’abbandono della loro madre, credendo in un amore nascosto dietro le apparenze, dall’altro ci sono Regina e Lila, il cui legame traballante viene ridiscusso grazie all’incursione di Ygor e Rayane nelle loro vite.
Buone le premesse della Kogut che però si perde nei 109 minuti di Campo Grande: il film procede lentamente e il tema vero e proprio si palesa solo nella parte finale. Punti a favore: un’ottima prova degli attori e alcune scene molto toccanti come quella tra Lila e Ygor, in cui la ragazza improvvisa al pianoforte Love di John Lennon sotto gli occhi stupiti e “innamorati” del bambino.
di Lucia Gerbino