Quello di oggi è un mondo complicato, un Sistema di cui tutti siamo ingranaggi, manovrati e manovrabili, in cui l’Arte non è contemplata, e forse neppure l’Individualità. Per essere accettati bisogna essere parte di quel Sistema, che però si fa osservare con quell’amaro sorriso di cui parlava già Pirandello nel suo Saggio sull’Umorismo: quella vecchia imbellettata è oggi ognuno di noi, messo alla berlina nella ricerca di ritagliarsi un ruolo che sia accettato ed accettabile nel Meccanismo e, dunque, omologato ed omologabile. Credo sia questa la riflessione da cui parte Luca Papa nella sua Opera Educazione Contemporanea, da lui scritta e diretta, presentata in teatro lo scorso anno e poi trasformata in Video Opera, in anteprima su grande schermo lo scorso sabato 18 febbraio, con la prima proiezione presso il Teatro Libero del Molinari Art Center di Roma.
Luca, artista internazionale e fondatore del Manifesto Artistico NonAvanguardia, cerca di educarci all’arte contemporanea … e, al contempo, alla vita, laddove il confine diviene estremamente labile;
“Questo non è uno spettacolo teatrale, è un’opera d’arte contemporanea che ha un inizio e non una fine”, questo dice infatti Luca.
Nella nostra Epoca, nella nostra Società così tanto influenzati, dominati e spesso addirittura determinati dai mass media e dai social network, in cui l’immagine vale più della sostanza, la copertina più del libro e l’immagine più del prodotto … in questa società, di cui siamo tutti attori e vittime, si muovono i performer del Progetto di Luca; perché, per comunicare con questa società, sempre più veloce, sempre meno attenta, occorre forse trovare un nuovo linguaggio che sia abbastanza efficace da trasmettere un messaggio ben preciso, forse duro, ma decisamente vero, un messaggio che Luca rende più visivo che testuale, alla sua maniera, e più vissuto che letterario o “recitato”, canonicamente parlando. È questo che cerca di fare Luca: educare prima mostrando cosa ne sia l’opposto, ovvero la Dis-Educazione dominante, con un cinico realismo ed un pizzico di sana ironia.
di Chiara Alivernini