L’opera prima di Domiziano Cristopharo. Un film che tutti dovrebbero vedere ma che, forse, al cinema non vedremo mai (purtroppo)
Ci sono film che lasciano l’amaro in bocca.
Altri che, come una morsa allo stomaco, impressionano lo spettatore per la scelta di un registro visivo troppo esplicito. Altri, ancora, che sconvolgono chi guarda per la scottante tematica affrontata.
House of Flesh Mannequins no. Non è niente di tutto questo. O forse tutte queste cose insieme. L’impressione che si ha fin dai primi minuti è di assistere ad uno snuff movie condito con un po’ di splatter e un bel po’ di gore, ma dopo qualche tempo ci si accorge che il realismo della pellicola, la fotografia volutamente sporca – e in alcuni casi fortemente patinata – e la recitazione, di contrasto, meravigliosamente teatrale, nascondono in realtà qualcosa di molto più profondo, molto più contorto di un semplice snuff movie.
Opera prima di una mente fervida e incredibile come quella di Domiziano Cristopharo, House of Flesh Mannequins è la storia di Sebastian (Domiziano Arcangeli) un uomo intrappolato dietro la sua telecamera, dentro la sua telecamera. È la storia di un uomo malato, morboso, inquieto. Un uomo che chiede aiuto, circondato da gente che lo compatisce ma da nessuno davvero in grado di comprenderlo, riconoscerlo, accogliere la sua richiesta di soccorso. Nessuno tranne Sarah (Irena Hoffman). La dolce, fragile ed indifesa Sarah. Ha lo sguardo innocente Sarah, come quello di una bambina curiosa. Ed è proprio la sua vivace curiosità a spingerla verso Sebastian. E sarà proprio in sua compagnia che lei riconoscerà in se un’altra donna: una donna che, forse, neppure lei credeva di poter diventare.
Visionario, visivo, eccentrico, maledettamente esplicito, Domiziano Cristopharo lancia così un’aperta invettiva nei confronti di una società visualmente satura come la nostra, fatta di caricaturali messinscene quotidiane alla mercè di un pubblico annoiato e visivamente logorato da ogni sorta di reality show, che umiliano gratuitamente gli esseri umani rendendoli simili a carne da macello.
House of Flesh Mannequins, dunque, è tutte e tre le cose messe insieme: sconvolge per la tematica affrontata, impressiona al punto giusto lo spettatore per il linguaggio visivo esplicito e, a fine proiezione, lascia quell’amaro in bocca che ti ricorda quanto la vita, fuori dalla sala, somigli tremendamente ad un film. A questo film.
di Luna Saracino