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Braccialetti Rossi: un libro, un cd e una fiction di successo

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Braccialetti Rossi: un libro, un cd e una fiction di successo

braccialetti rossi 2… E già si lavora alla seconda serie…

Finita la prima serie de “I Braccialetti rossi”, l’appuntamento è per il 2015 con la seconda serie. Dal libro di Albert Espinosa è partito un successo inaspettato, ma meritato. E, se in Italia è in fase di lavorazione la seconda stagione, in America Steven Spielberg ha già acquistato i diritti per realizzarne la fiction che si intitolerà “The Red Band Society”. Dunque l’esempio della fortunata serie spagnola “Pulseras rojas” si sta diffondendo in tutto il mondo.

Non a caso, dunque, l’ultima puntata di domenica scorsa 2 marzo, si è conclusa sulle note dell’omonima canzone scritta appositamente da Agliardi (sì perché di “Braccialetti rossi” c’è anche il CD!) “Braccialetti rossi”, che grida forte quel “io non ho finito”, un invito a non perdere mai la speranza anche quando tutto sembra crollarci sotto i piedi, a vivere ogni minuto, ogni esperienza sino in fondo. Poiché quello che “Conta” (un altro brano contenuto nel disco della fiction, composta da Francesco Facchinetti) è il sorriso di chi ci vuole bene, la passione che mettiamo in quello che facciamo; la consapevolezza che, anche quando “il fondo è più giù” di quello che pensassimo o credessimo (come dice Facchinetti nel testo), ciò che resterà per sempre è “la gioia di sapere che dovunque ce ne andremo, non ci lasceremo mai”.

Ed è con queste parole del brano “Braccialetti rossi” che i protagonisti salutano i fans: un arrivederci e non un addio. Nella pagina su FB continueranno a dare aggiornamenti ed a tenersi in contatto con tutti coloro che si sono affezionati a questi ragazzi che hanno davvero saputo arrivare nelle case della gente. Sono poche le fiction e i film in grado di appassionare, di “calamitare” l’interesse dei telespettatori come “Braccialetti rossi”. Un’empatia che nasce spontanea, per cui ogni domenica era diventata un appuntamento fisso, irrinunciabile. Non si poteva non sentirsi vicini alle emozioni, agli sguardi così profondi e così veri di questi ragazzi che hanno riso, pianto, gioito, sofferto, amato, voluto bene, sapendo essere dei reali amici e un gruppo sul serio in modo così autentico; ma che hanno soprattutto fatto piangere, commuovere ed emozionare come difficilmente accade, specialmente con film. Un modo di arrivare diretto, spontaneo, naturale, incontrollabile quasi. Impossibile non riuscire a non immedesimarsi, per cui è come se anche lo spettatore fosse lì a lottare con loro contro la malattia o a vivere la gioia di essere un gruppo. Un po’ come avere tanti ospiti a casa per cena la domenica con cui parlare dei problemi della vita vera. Qui è la forza della fiction, ma anche del libro di Espinosa che, come pochi altri, è uno di quei libri appunto in cui ci si sente rappresentati, ci si sente se stessi, ci si ritrova pur non avendo vissuto le stesse esperienze dell’autore. Poiché si parla di “Anime gemelle predestinate da secoli”, che denomina “i gialli”. Quelle persone speciali che ti cambiano la vita, senza che vi sia l’obbligo di attrazione fisica. Un tema già trattato da Paolo Giordano nel libro e nel film di “La solitudine dei numeri primi”, dove però la connotazione sessuale era più accentuata e più spinta. Qui questi giovani non sono “primi” in quanto numeri rari che tendono a rincorrersi per tutta la vita, a correre come due universi paralleli, senza mai essere destinati ad incrociarsi. Sono primi in quanto hanno vinto per il loro coraggio di saper capire quali sono le vere priorità della vita: amare, essere amati, l’amicizia e la forza del gruppo.

La capacità di Giacomo Campiotti è riuscire a cogliere i punti salienti del libro di Espinosa, riproducendoli nei loro concetti più che nella consequenzialità del testo. Di quest’ultimo troviamo le idee principali e più importanti, non lo stesso ordine. Eppure entrambi hanno una specularità che sorprende, a significare di quanto Campiotti ne abbia colto il senso più vero. Nel libro appunto dicevamo si parla dei gialli, nella fiction di anime gemelle, dell’imprescindibile del gruppo, colui che è fondamentale all’esistenza stessa del gruppo medesimo. In realtà crediamo che tutti e sei i ragazzi siano imprescindibili, i gialli che ognuno dei telespettatori è destinato ad incontrare. Nel libro l’autore dice che sono in tutto 23, che è il numero perfetto “un numero potente, magico” (“il sangue impiega 23 secondi a compiere il suo circolo nel corpo umano; 23 sono i dischi della colonna vertebrale, 23 le pugnalate inferte a Giulio Cesare; il genere umano è legato al 23esimo cromosoma del genoma umano”). Nella fiction è come se questo numero perfetto fosse sei, quanti i componenti del gruppo; che però arrivano a costituire come una grande famiglia all’interno dell’ospedale, circondati da altre persone che sono probabili gialli, quasi ad ingrandire e far crescere quel numero, fino ad arrivare a quel 23 chissà: “uno più uno non solo fa due. È guardare avanti ora siamo in tanti”, canta Niccolò Agliardi in “Tifo per te”.

Ed è così. Se ogni persona che incontriamo contribuisce a farci diventare ciò che siamo, come dice Espinosa nel libro, allora possiamo ipotizzare che ognuno dei sei ragazzi sia una parte di lui, impersonifichi una sfumatura del suo carattere e della sua personalità. Ma nel libro, così come nel film, non ci sono solamente i gialli, gli imprescindibili, le anime gemelle, i braccialetti rossi. Ci sono anche i braccialetti bianchi: i nuovi nati, perché “c’è qualcosa di stupefacente nel creato”, per cui a una morte corrisponde una nascita, poiché la vita toglie e dà. E, dopo la morte di Davide (il bello del gruppo), Lilia (alias Laura Chiatti), compagna del padre di Davide, aspetta un bambino; così come Leo (il leader) va a fare visita al reparto di ostetricia non appena sa che dovrà fare un nuovo ciclo di chemio per sconfiggere il tumore.

Ed è forse il senso che Campiotti ha colto di quello che nel libro Espinosa chiama “scoperte”, le cosiddette lezioni di vita comuni, per cui ogni perdita non è di per sé solamente una sconfitta, ma c’è sempre il lato positivo delle cose da poter guardare. “Le perdite possono essere delle conquiste”, così come “perdere una gamba e i soldi per acquistarne una nuova ti può far incontrare una persona che pensavi che non avesse cuore e invece ci si diventa amici”. E gli amici sono le sole persone di cui si ha davvero bisogno, sono per sempre, sono “Le persone più importanti e servono per accompagnarci dal cono d’ombra verso la luce”.

L’abilità di Campiotti, però, è di trasporre in modo originale un tema già rivisitato. Per la fiction, come per il libro di “Braccialetti rossi”, sicuramente l’aggettivo che lo connota meglio è originale. Originalità nel sapere mostrare i colori delle emozioni. Se, come dice nel libro Espinosa, ogni persona ha un colore, Campiotti unisce i colori dei protagonisti per farne un arcobaleno, un tripudio di sensazioni sentite col cuore. Sia “Er, medici in prima linea”, che “Dr. House” o lo stesso “Medico in famiglia” hanno già messo in scena e portato sul grande schermo il rapporto medico-paziente. Ma qui c’è il punto di vista di questi malati coraggiosi impegnati a cogliere “le tracce, le marche i segni”, i simboli, gli indizi dei “gialli” (come dice Espinosa nel libro) che li possano aiutare ad affrontare le difficoltà della vita. Per riuscire a tuffarsi in quella piscina della vita, che è l’animo umano, il loro cuore, le loro emozioni. Così come fa Rocco (l’imprescindibile del gruppo) dal trampolino che lo ha condotto al coma. Anche quella del tuffo nell’acqua è un’icona che si ritrova spesso nel cinema (anche in “Il carattere italiano” sull’Orchestra di Santa Cecilia c’è questa scena finale nell’acqua), ma il regista sa rivisitarla in modo personale. In questo ospedale, che è una sporta di grande casa, non c’è l’attenzione principale per i medici di “ER” o la stessa scenografia cruenta di “DR. House”; principale attenzione è rivolta alla vita del gruppo e non della famiglia Martini come in “Un medico in famiglia”. Piccole differenza che però traspongono la fiction su un piano molto più terreno. Anche quando si parla di morte. Dopo il decesso di Davide la madre lo viene a prendere, nell’acqua, così come fece la mamma con Casper nell’omonimo film. Oppure c’è l’arrivo di Irina, una bambina-angelo, avvolta da una luce come in “Ghost”. Tutto, però, è terreno, avvolto da un’umanità che non idealizza, ma contribuisce a rappresentare le emozioni dei protagonisti, anche quando si sfiora il paranormale o si entra nell’immaginario collettivo del trascendentale. Le ali che Toni (il furbo del gruppo) vede ad Irina, non sono altro che frutto del suo “sentirla”, immaginarla come un angelo. Pensare al ricongiungimento di Davide con la mamma, fa parte dei desideri di ognuno di noi dopo una triste scomparsa.

Ed infatti pare che Davide continuerà a vivere sotto forma di fantasma nella seconda serie. Questo per una duplice ragione: primo, poiché ognuno di noi sente continuare a vivere i propri cari accanto a sé dopo la loro morte; secondo, poiché qui si lotta anche contro i propri “fantasmi”, le proprie paure. Ma soprattutto Davide continuerà ad esistere dentro e nei cuori dei suoi “amici”. In fondo è ciò che tutti noi diciamo sempre per sentirci meno soli, per sentire meno dolore di fronte a una tragica scomparsa che ci possa colpire. L’importante è continuare ad amare chi ha rappresentato molto per noi: “L’amore cambia il mondo ed è contagioso, fa stare bene chi lo prova e chi lo vede”, dice Rocco. Ed è così. Ed anche per amare ci vuole coraggio. Tuttavia anche qui il romanticismo è diverso, non è mai banale, né superficiale. È sempre trasposto nella dimensione di “qualcosa di più profondo”, di un sentimento che va oltre l’apparenza, l’aspetto fisico, per guardare nel fondo dei cuori delle persone. E dai “Braccialetti rossi”, quello che ne è nato è una sorta di nuovo braccialetto bianco: la consapevolezza, il coraggio, la forza di vivere sino in fondo ogni emozione.

I Braccialetti rossi:

  • Carmine Buschini: Leo, il Leader
  • Aurora Ruffino: Cris, la Ragazza
  • Brando Pacitto: Vale, il Vice-Leader
  • Pio Luigi Piscicelli: Toni, il Furbo
  • Lorenzo Guidi: Rocco, l’Imprescindibile
  • Mirko Trovato: Davide, il Bello

 

di Barbara Conti