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La vita secondo Pedro Almodóvar: una costante e ostinata contraddizione

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La vita secondo Pedro Almodóvar: una costante e ostinata contraddizione

pedroalmodovarDagli esordi a Los abrazos rotos

Dopo quasi 30 anni di carriera alle spalle, Pedro Almodóvar può ormai essere definito uno dei cineasti più interessanti e non convenzionali degli ultimi anni, nonché il maggior rappresentante della cinematografia spagnola attuale.

Portatore di una sensibilità nuova e fuori dal comune, il regista iberico è riuscito infatti ad affinare anno dopo anno la proprio arte, ottenendo un successo crescente da parte di critica  e pubblico. Divenuto simbolo di una cinematografia provocatoria e al tempo stesso profondamente drammatica, Almodóvar si prepara a uscire nelle sale con il suo ultimo lavoro, già presentato nella scorsa edizione del Festival di Cannes: Los abrazos rotos. Una pellicola che segna il ritorno di Penelope Cruz, dopo la straordinaria interpretazione in Volver. L’attrice, assurta ormai al ruolo di musa ispiratrice del cineasta, è infatti nuovamente impegnata in un ruolo da protagonista. Accolto piuttosto freddamente a Cannes, il nuovo lavoro racconta la storia di Mateo Blanco, un ex regista che, in seguito a un incidente d’auto costato la vita alla donna amata, è divenuto non vedente ed ha assunto una nuova identità. Un nuovo dramma quindi, che si tinge di atmosfere noir, per mostrare ancora una volta il fragile equilibrio della vita e i tanti risvolti che il destino può riservare all’essere umano. Un percorso fatto di contraddizioni, di sofferenze, di scelte sofferte, in cui la nostalgia per il passato perduto si fa elemento dominante all’interno del film. In Los abrazos rotos il passato costituisce il tempo della pellicola, un’esplorazione a ritroso delle vicende sentimentali. Una scelta opposta a quella di Volver, pellicola in cui è il presente ad essere vissuto e raccontato, un intreccio di passioni ed emozioni che del passato si alimentano. Entrambe le pellicole, tuttavia, raccontano la vita, evitando di far ricorso ad eclatanti e sconvolgenti provocazioni e con una delicatezza tale da rappresentare una vera novità nella produzione filmica del regista. L’elemento trasgressivo, molto presente nella prima filmografia del regista e divenuto poi filo conduttore dei suoi lavori, perde d’intensità fino quasi a scomparire nelle ultime due pellicole. Almodóvar, tuttavia, non è solo trasgressione, ma anche passione, ribellione alla convenzionalità, esaltazione della contraddizione e del controsenso come unica vera risposta alla brutalità della vita.
Così infatti rispondono i personaggi che prendono vita nelle pellicole del cineasta spagnolo. Sono spesso persone forti, alle quali il destino ha riservato un brutto tiro o che, invece, hanno dovuto affrontare scelte difficili. Eppure reagiscono al dolore accettandolo senza riserve, con leggerezza e solarità, due qualità che solo individui consapevoli e dotati di una grande umanità possono possedere. Ed è proprio l’umanità, nella sua totalità, nelle sue contraddizioni e mille sfaccettature, la vera protagonista della filmografia di Pedro Almodóvar. A rappresentarla quasi sempre la donna che, in quanto madre o potenziale tale, è probabilmente l’unico essere umano in grado di comprendere appieno la vita e i suoi meccanismi. Così accade in Tutto su mia madre o in Donne sull’orlo di una crisi di nervi, o ancora ne L’indiscreto fascino del peccato. In particolare in quest’ultima pellicola, il terzo lavoro di Almodóvar, la trasgressione e il surreale sono elementi ancora fortemente presenti e non contestualizzati. In questo caso, infatti, l’intento del regista era essenzialmente scioccare, in maniera violenta ed eclatante, il pubblico abituato al perbenismo dell’era franchista. Col passare del tempo, tuttavia, questa provocazione acquista toni più drammatici, velati spesso da una triste e tragica ironia. Un percorso che indica forse la progressiva acquisizione di una maggiore maturità artistica, il cui inizio può essere individuato proprio in Tutto su mia madre, una delle migliori pellicole di sempre. L’opera, che può essere considerata emblema della filmografia di Almodóvar, ne racchiude infatti tutti i principali elementi e le caratteristiche fondamentali: dalla passione alla sofferenza, alla crudeltà, all’amore per l’esistenza, alla trasgressione. Un misto di emozioni e sensazioni forti e altrettanto vere, condito dalla dolcezza e dalla sensibilità tutta femminile delle protagoniste, che armonizza e comprende ciò che si può definire con una sola parola: vita.

di Cristina Columpsi

Svevo Ruggeri
Svevo Ruggeri
Direttore, Editore e Proprietario di Eclipse Magazine