In occasione dell’uscita del suo secondo romanzo Gli orchi non sono verdi edito da Newton Compton abbiamo intervistato il giovane autore romano
Valerio Molinaro è un giovane scrittore, nato a Roma, nel 1984, autore e regista teatrale, ha già diretto diversi spettacoli: Allora si può; Sono pulp perché mi chiamo Bukowski; Gratta gratta bang bang e un adattamento-musical del film Nightmare before Christmas. Ha lavorato come aiuto-regista a fianco di professionisti del settore del calibro di Gino Landi, in occasione dello spettacolo Il letto ovale, e con Lillo e Greg in Occhio a quei due. “A sei miglia da L’Avana” è il suo esordio letterario, pubblicato nel marzo del 2016, un giallo-noir surreale ambientato a Cuba, ed ora sta presentando il suo ultimo lavoro, dal titolo “Gli orchi non sempre sono verdi”, pubblicato dalla Newton Compton Editori: un detective alcolizzato, un passato doloroso, un viaggio “surreale e grottesco”.
Gli orchi non sono verdi è una frase pronunciata da uno dei due protagonisti del romanzo, l’ho utilizzata per sottolineare che spesso il marcio, il miasma è nascosto e si cela dietro un apparente perbenismo e che non sempre le cose sono come appaiono.
Sì, possono far pensare ad una favola per bambini, ma la favola “nera” descritta e raccontata nel mio romanzo ha a che fare, però, con la malvagità insita nell’animo umano. Per citare Einstein: il mondo è un posto pericoloso, non a causa di quelli che compiono azioni malvagie, ma per quelli che osservano senza fare nulla.
Prima “A Sei Miglia da l’Avana”, poi questo secondo romanzo … e in teatro hai “giocato” con il protagonista di Pulp, anch’esso un investigatore; so inoltre che sei l’autore di una web serie a titolo Nerdective che ha avuto un discreto seguito. Sempre investigatori malandati e sui generis, sempre l’ambientazione noir mischiata al grottesco … come mai?
Beh, in realtà in “A sei miglia” non ci sono investigatori …
Sì, una poliziotta coi rasta! (sorride) Sì, comunque ho sempre scelto ruoli/personaggi sui generis che incarnano la figura della legge come ad esempio detective improbabili piuttosto che poliziotti con i rasta, proprio perché sono sempre stato più attratto dalla figura dell’anti-eroe piuttosto che da quella dell’eroe classico.
L’ho scelto, nonostante il periodo storico vada contro l’arte in genere, per quello che definirei un malsano senso di masochismo che abbiamo noi nati sotto il segno dei Gemelli! … scherzi a parte, scrivere è tutta la mia vita, può assumere le tinte della gioia più grande, o anche incarnare una delusione profonda … ma mai rinuncerei a scrivere; come asseriva Salgari : Scrivere è viaggiare, ma senza la seccatura dei bagagli.
Secondo me l’attualità delle tematiche affrontate, la semplicità del linguaggio e il livello di empatia che si stabilisce con il lettore. Non ti nego, poi, che una buona campagna pubblicitaria ha il suo valore, soprattutto in un periodo in cui sembrano esserci più scrittori che lettori.
Non ho un lettore tipo, ho ricevuto messaggi di complimenti da parte di lettori di tutte le fasce d’età: dal liceale alla pensionata. Io scrivo in primis per me stesso, come una terapia.
Io amo la fantasia, quindi per me la scelta di scrivere storie fantastiche è risultata piuttosto ovvia; poi dipende dalla predisposizione di animo di ogni singolo scrittore. Onestamente non mi ci vedo a scrivere poesie, ma … forse in futuro cambierò idea!
Fare parte della cosiddetta generazione Y, come è stata ribattezzata la mia generazione, per me vuol dire avere una maggiore familiarità con le nuove tecnologie e la comunicazione in ogni sua forma; d’altronde, l’altra faccia della medaglia è lo sbilanciamento dei rapporti sociali verso un piano virtuale, è come se avessimo a disposizione tutto il sapere del mondo in un secondo, ma non fossimo più in grado di abbracciare un amico.
Se comprano il mio libro sì … (sorride)
di Chiara Alivernini