pornplacevr
pornplaybb.com siteripdownload.com 1siterip.com
For Your Entertainment
Marzo 10, 2010
Il sapore del vino della Costiera
Marzo 11, 2010
Show all

Il teatro sta male… ma "Le donne restano"

piera8 MARZO 2010 – Reprise dello spettacolo “Le donne restano”, regia di Piera Mungiguerra, che debuttò nel sottopalco del CRT nell’ottobre del 2008. –

Per la festa dei teatri, e chiesi e ottenni di andare in scena nel ambiente più difficile, infimo ma anche affascinante, il sottopalco…pieno di colonne di cemento e ferro,  per la gioia dei movimenti degli attori e ricco di infiltrazioni d’acqua per la gioia del tecnico luci – ci dice Piera.
Ora debutta, di nuovo, al Centro Asteria, in occasione della festa della donna. “Il testo è rimasto lo stesso (come ci spiega Stefano Guerriero, uno degli attori del gruppo di Piera), il cast pressoché invariato (un solo attore è cambiato), ma lo spettacolo è stato riadattato al nuovo spazio scenico, quindi cambiano le “coreografie”, il movimento degli attori, forse un po’ più maturi artisticamente e cresciuti per quanto riguarda questa messa in scena.
In particolare– ci spiega Guerriero – in questa versione è cambiata moltissimo la storia di Ecuba, per quanto riguarda i movimenti tra il soldato (Libero Stelluti) e i bambini (Piera Mungiguerra e Miriam Giudice): nella prima versione il soldato era “passivo” rispetto al gioco dei bambini (che facevano una sorta di girotondo attorno a lui) mentre ora c’è interazione, i bambini lo scherniscono, gli rubano il fucile…
Ma intervistiamo ora la regista, per farci raccontare… qualcosa di più!

Le donne restano. Come e da cosa è nata questa idea?
È nata da uno studio sul testo di troiane, io e Stefano Caneva ( grecista) abbiamo iniziato a “girare intorno al testo”, ne eravamo molto attratti ma non riuscivamo a tirarne le fila. È una tragedia atipica, non c’è azione, non succede nulla, è solo una lunga elaborazione di lutto. Eppure racchiudeva un nucleo potente che volevamo esprimere… un giorno Stefano mi portò un libro della giornalista Anna Politkovskaja, erano reportage dalla Cecenia, e leggendo quelle storie ci siamo resi conto che si sovrapponevano al mito senza forzature. Non abbiamo fatto poi altro che seguire quelle vicende. L’archetipo del mito dava la forza e lo spessore restanti. Poi Luca Franzoni, bravissimo scrittore, ha trovato la cornice nei racconti dei soldati: l’ultimo tassello perché si potesse passare finalmente dal testo alla scena.
Poi è arrivato il turno degli attori, hanno creduto alla cosa e ognuno ha lavorato con convinzione e serietà al suo personaggio, facendolo crescere, dandogli profondità…

Si dice sempre “Salvate le donne e i bambini!”. Perché per te, invece, “Le donne restano”?
Perché in realtà nel vuoto dopo una guerra hanno un ruolo molto importante, non si tratta di un ruolo “debole”’ anzi credo a loro sia destinata la vera ricostruzione, materiale e psicologica… Insomma,  gli uomini l’avranno combattuta la guerra,  ma l’uscire da una guerra credo abbia necessità della forza ad andare avanti delle donne.

Pensi dunque che, oggi, le donne restino?
Non sono una femminista, ma credo che la società con  il dilagare dell’immagine pubblicitaria o con le pessime battute di qualche politico dia un’ idea della donna squallida e la releghi da un canto al ruolo di oggetto, sparata su un cartellone di 10 metri per 20 né più né meno che come  si fa per qualsiasi prodotto di consumo. D’altro canto le donne iniziano ormai anche ad arrivare ai posti di potere politico ed economico, avendo però accumulato una tale carica di astio e di voglia di dimostrare quanto valgono che spesso le fa assomigliare più a tremendi mostri mitologici…

E tu nel tuo spettacolo vuoi mostrare questi “mostri mitologici”?
No, assolutamente! … per mostri intendo le super manager senza pietà: queste donne giocano a esser uomini. La soluzione sta proprio nella donna, che partecipa alla società essendo quello che è, portando la propria sensibilità e le proprie potenzialità a costruire della natura di chi è o potrebbe essere madre e deve inventare un futuro migliore.

Qual è secondo te il volto peggiore della donna : la donna nuda da calendario o il burka? E qual è, a tuo parere, il VERO volto della donna?
Sicuramente sono entrambe forme estreme, una motivata dal consumismo e l’atra dalla religione; diciamo che fra le due quella con maggior dignità è quella motivata da una credenza. È molto difficile per un occidentale penetrare le ragioni di una cultura tanto differente. Ovviamente questo discorso è valido solo qualora non ci sia un’imposizione… la violenza è ingiustificabile.

Cosa pensi del fatto che oggi una ragazza possa dichiarare “da grande voglio fare o la velina o il politico” ?
Penso sarebbe una fantastica battuta per uno spettacolo comico! La cosa terrificante è che non lo è. Penso inoltre che sia il segno patologico del nostro Paese in cui il potere della tv, che nei fatti si incarna nella stessa persona che mantiene il potere politico, abbia mescolato nello stesso calderone i valori sociali e quelli del prodotto, e per velina intendo proprio un prodotto di consumo.

Secondo te è vero che “il teatro è morto”?
Morto no, ma di sicuro sta abbastanza male! Da un lato ci sono gli enormi stabili che si scambiano produzioni fra di loro, che costano quanto una fiction, con attori bravi solo a portare la voce. Ma che vivono degli abbonamenti della Milano o Roma bene che sia, lieta di masticare frasi di Shakespeare o di dire che va a vedere Molière. Trattando il teatro solo alla stregua di testo letterario. Dall’altro ci sono le commediacce infarcite di battute e volgarità.
Nel mezzo la gente che ama il teatro davvero, che fa sacrifici solo in virtù di una scintilla che chissà in quale momento è brillata. Gente che ricerca, sbaglia, trova… e magari commuove uno spettatore fatto della stessa pasta!
Per questo credo che, per quanti tagli ci possano essere  paradossalmente non si colpirà questo teatro, che pure è il più povero, proprio per il fatto che è l’unico veramente motivato…

Si può dire quindi che “la verità è nel mezzo”?
È sicuramente al margine.

Com’è stato il lavoro con i tuoi attori?
Ho imparato moltissimo, io per prima. Prima credevo molto nella supremazia dell’impostazione fisica, e  in parte ci credo ancora; ma ho capito, guardandoli, che quando ci mettono l’anima c’è indubbiamente qualcosa che travalica il fisico senza il quale lo spettacolo resterebbe vuoto. C’è stato con loro uno scambio anche superiore, siamo diventati un gruppo di amici, che guardano nella stessa direzione. In merito allo spettacolo, in particolare, molte indicazioni da loro date hanno portato in una direzione piuttosto che in un’altra, ci sono insomma diversi contributi del gruppo alla regia. E noi continuiamo a costruire, fra una replica e l’altra cambia sempre qualcosa!

di Chiara Alivernini