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Giulio Voce: Lithos

Giulio VocePrimo ascolto dell’album d’esordio del cantautore romano

Avevamo lasciato Giulio Voce nel Marzo del 2013, in occasione di una serata al Lettere Caffè di Roma e, dopo poco più di un anno, arriva su iTunes il suo album di debutto Lithos. Tanti i riferimenti musicali: Fabrizio De André su tutti ma anche Francesco Guccini, Franco Battiato e i Doors.

Un esordio ambizioso quello del cantautore romano che sceglie la ricetta del concept album, in questo caso, strutturato come un percorso a tappe: da Lithos, manifesto ermetico in cui Voce racconta se stesso, a Gradazione di Follia storia dell’umana debolezza che si trascina sul percorso accidentato degli eccessi. L’amore è una storia a sé e non basta una sola canzone a raccontarla: Perle di Grano è l’innamoramento, Umori e Ormoni la tentazione che sfocia in Tradimento Blues e culmina nel senso di colpa di Temporale.

Il debutto commerciale di Giulio Voce coincide con una “rilettura” dei brani acustici originali che, pur conservando la propria essenza, si vestono di arrangiamenti nuovi.

Il pezzo più interessante resta la title-track, Lithos, che si muove tra armonie medievali e moderna anima rock: qui la troviamo in una versione che include un testo poetico, forse non necessario in un pezzo già di per sé compiuto.

Perle di Grano, la ballata più apprezzata nelle serate dal vivo, rimane il piccolo capolavoro che avevamo conosciuto in originale mentre, a “cambiare d’abito”, è quello che forse diventerà il primo singolo, Tradimento Blues: blues è il testo mentre la melodia si avvicina di più al pop d’autore con venature folk di un moderno Celentano. Nella seconda parte dell’album spiccano L’Arco della Sorte, in cui le passioni vengono affidate a un destino beffardo raccontato attraverso ricercate variazioni ritmiche.

La chiusura è invece per Il Volto della Maga, brano che racconta la dimensione privata di Voce: “il volto della maga” è quello di Circe, figura mitologica che appare quasi disegnata sul rilievo del Monte Circeo. La canzone è un inno al picco di San Felice, metafora di una barriera dietro la quale rifugiarsi, ma anche limite da oltrepassare per ritrovare se stessi.

di Lucia Gerbino