Una passeggiata per le città italiane alla riscoperta delle maschere tradizionali e dei loro costumi
“Per fare un vestito ad Arlecchino ci mise una toppa Meneghino, ne mise un’altra Pulcinella, una Gianduia, una Brighella”. Una storia affascinante e straordinaria quella delle tradizionali maschere italiane anche se oramai non si conoscono più, o quantomeno non vengono più usate per mascherarsi a carnevale. Ad ogni regione le sue. Sono circa duecento e noi abbiamo deciso di riproporvi le più importanti con i loro vestiti.
Arlecchino (Bergamo – il servo apparentemente sciocco): Durante le sue prime apparizioni indossava un abito bianco, che divenne poi di tutti i colori a forza di rattopparlo. Alla cintura porta infilato il “batocio” (bastone) e la “scarsela” (borsa), sempre vuota. Sul viso una mezza maschera nera e sulla testa un grande cappello.
Brighella (Bergamo – il servo che pratica un’infinità di altri mestieri): “Son Brighella, attaccabrighe. Ho la casacca con le righe. Righe verdi ed alamari, sempre le tasche senza denari. Mangio molto, non spendo mai, niente soldi e niente guai!”. Generalmente è raffigurato con giacca e pantaloni decorati di galloni verdi. Le scarpe, invece, son nere con pon pon anch’essi verdi. Il mantello è bianco con due strisce verdi, la maschera e il cappello sono neri.
Pantalone (Venezia – il vecchio mercante avaro e brontolone): Il suo vestito è ben conosciuto. Giubbetto rosso stretto alla cintura, calzoni e calze attillate, uno zimarrone nero sulle spalle e scarpettine gialle con la punta all’insù.
Colombina (Venezia – la briosa e furba servetta): “Vestito bianco ho di bucato, verde il grembiule come un prato. Dalla cuffietta di tutti i colori, i riccioli scappano fuori”. L’unica maschera femminile ad imporsi in mezzo a tanti personaggi maschili è Colombina. Solitamente non porta la maschera e indossa un abito bianco completato da un grembiule verde e un piccolo berretto.
Ginduja (Torino – il gentiluomo allegro e coraggioso) : “Giacca marrone, panciotto giallo porto i colori del pappagallo; calzoni verdi, calzette rosse, col vino mi curo tonsille e tosse. Naso paonazzo, cappello tricorno son Gianduia perdigiorno. Se non vi basta il cappellino c’è la parrucca col codino”. È vestito con brache di fustagno, ha in testa un tricorno con un codino rivolto all’insù, sulla cui punta spicca un nastrino rosso.
Meneghino (Milano – il servitore rozzo) : Il suo abito è semplice. Indossa una casacca orlata verde, pantaloni marroni e calze a strisce bianche e rosse. Porta il tricorno, un cappello con tre punte, la parrucca con un codino, la giacca lunga rossiccia e marrone, i calzoni verdi che arrivano fin sotto il ginocchio e le calze a righe rosse e bianche. Sotto la giacca ha una camicia gialla con ai bordi del pizzo e un fazzoletto intorno al collo. Le scarpe sono marroni con fibbia davanti. In mano porta un ombrellino.
Dottor Balanzone (Bologna –“dottore” solo di nome, a volte medico, a volte notaio) : Veste con pantaloni e camicia nera, guarnita di un colletto bianco. In testa ha un feltro a larghe tese, nero. Alla cintura ha attaccato un pugnale o un fazzoletto e sotto il braccio un librone.
Pulcinella (Napoli – il servitore sciocco e chiacchierone): È una delle maschere italiane più popolari. Figura buffa e goffa con un gran naso, la mascherina nera, la gobba, il cappello a punta, il camiciotto e i pantaloni bianchi.
di Valentina Galleri
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