Era il periodo a cavallo fra anni Sessanta e Settanta…
Il panorama musicale italiano veniva preso d’assalto da una giovane coppietta, Adriano Celentano e Claudia Mori, che nel 1970 vinse il ventesimo festival della canzone italiana con il dolce e irriverente brano Chi non lavora non fa l’amore. A livello mondiale quelli erano gli anni dei gonnelloni a fiori, degli spinelli e di Woodstock, di slogan femministi e pacifisti urlati a gran voce in piazza e in ogni dove e del “Peace and love” detto ma soprattutto fatto. Di contro c’era chi, dall’altra parte della manica, lavorava per trasmettere attraverso la musica concetti diametralmente opposti: morte, nichilismo estremo, eresia, dissacrazione. Stiamo parlando di una delle band madri del panorama dark metal internazionale: i Black Sabbath. La formazione storica è quella costituita da Ozzy Osbourne (voce), Tony Iommi (chitarra), Geezer Butler (basso) e Bill Ward (batteria) anche se dal 1978 ci furono dei sostanziali cambiamenti all’interno dell’organico della band. I quattro giovani, provenienti da Birmingham, cercavano nella musica una via di scampo dagli stereotipi di vita che si stavano venendo a creare in quegli anni nelle grandi città inglesi. E la trovarono grazie a un universo parallelo e fino ad allora inesplorato, il doom metal, caratterizzato da accordi semplificati, suoni duri e oscuri, riff martellanti ed incessanti, tenebrosi assoli di chitarra e testi ispirati alla magia nera.
Un pianeta singolare quello dei Sabbath, anche sul piano iconico. Basti pensare alla copertina di uno fra i loro album di maggior successo: Live Evil (titolo copiato all’album di Miles Davis del 1971). Si tratta del primo live inciso nel 1982 con Ronnie James Dio alla voce (subentrato nel 1978) e che include sia classici del periodo di Ozzy Osbourne, come Paranoid e War Pigs, sia brani tratti dai due lp incisi in studio con Dio.
La copertina dell’album, ideata da Paul Clark, si presenta come un’istantanea che a suo modo incarna e riassume le tracce contenute nel disco. Ogni personaggio rappresentato, infatti, si riferisce ad una canzone: il cavaliere al centro non è altro che Neon Knights, il maiale-soldato rappresenta senza dubbio War Pigs, l’uomo con la camicia di forza non può incarnare altro se non Paranoid mentre lo stregone è a ragion veduta Voodoo. La rappresentazione continua poi con l’angelo e il diavolo (Heaven and Hell) mentre l’oscura figura incappucciata si rifà al pezzo Black Sabbath, il grigio uomo-culturista è Iron Man, l’inquietante immagine dei bambini nella bara-barca naufragata in mare sono invece un chiaro riferimento a Children of the grave e Children of the sea mentre il frate con la frusta è l’incarnazione di Mob Rules. Qualcuno ritiene poi che la figura del diavolo (che canonicamente si sposa con il pezzo Heaven and Hell) possa riferirsi anche a N.I.B.(terza traccia del disco), dato che nel testo si parla di un regalo che Lucifero fa all’uomo: ad una seconda e più attenta occhiata infatti, il diavolo sembra chino ad offrire a qualcuno ciò che tiene tra le mani. Anche il retro della copertina riporta un chiaro massaggio: la costellazione raffigurata, quasi sicuramente la Croce del Sud, si riferisce all’undicesima traccia dell’album The Sign of the southern cross. Facendo qualche semplice calcolo, solo due delle tracce rimangono fuori da questa fantasiosa rappresentazione: sono Fluff (anche se l’icona di questo pezzo potrebbe eventualmente trovarsi nella retro cover: una chitarra acustica portata a riva dalle onde del mare) e l’intro strumentale E5150 . Ma nulla è lasciato al caso, nemmeno i fulmini che infrangono il cielo plumbeo alle spalle dei personaggi: le linee di luce incrociate infatti disegnano una mefistofelica testa con le corna.
Ma Live Evil (nome palindromo, in cui “evil” è scritto come immagine speculare di “live” quasi a indicare il diavolo, ossia il male, come parte integrante e imprescindibile della vita), rappresenta anche l’album di rottura del sodalizio fra Ronnie James Dio e i Sabbath a causa di attriti con gli altri componenti della band. La fine di un periodo? Forse si, ma di sicuro non la fine di un’era (quella metal), di cui i Black Sabbath furono padri indiscussi… magari non a livello tecnico e strumentale ma certamente lo furono sul piano ideale e contenutistico.